Il treno Barilla: una corsa lunga decenni

di Emmanuel Grossi

Il 1985 fu per la comunicazione Barilla un anno cruciale e di transizione. L’Azienda aveva concluso il lungo rapporto con l’agenzia TBWA e indetto una importante gara per l’assegnazione del proprio budget pubblicitario. L’unico punto fermo della nuova strategia sarebbe dovuto essere lo slogan “Al dente”, ereditato dalle ultime campagne1 (non memorabili) e protagonista di un battage mediatico in odore di subliminalità, che traeva la sua ragion d’essere dalla centralità che si voleva assegnare alla pregiata qualità di grano canadese allora utilizzato per la pasta.

I migliori cervelli pensanti della pubblicità italiana si mettono dunque al lavoro e sfornano una serie di proposte allettanti, che coinvolgono i grandi sceneggiatori del cinema (alcuni dei quali al primo, poi mancato, contatto con l’advertising) o preconizzano la rentrée in pompa magna di Mina.
Chi invece spariglia le carte è Gavino Sanna, direttore creativo della Young & Rubicam, per niente convinto della precedente strategia, che ignora le direttive del cliente e lascia carta bianca a due dei suoi creativi di punta, l’art director Roberto Fiamenghi e il copywriter Andrea Concato, entrambi destinati a lungo e duraturo successo.
Si presenterà di lì a poco a Pietro Barilla con un ambizioso progetto d’ampio respiro di costruzione valoriale della marca, vòlto non solo a farla diventare leader indiscussa del settore, ma a far sì che il consumatore la identifichi coi valori stessi della famiglia, del focolare domestico, degli affetti e dei buoni sentimenti (al tempo, non ancora del tutto di maniera): era nato “Dove c’è Barilla, c’è casa”.

Concato e Fiamenghi hanno già pronti i primi soggetti, ma ci vuole una partenza col botto, che attiri e catalizzi l’attenzione mediatica. Si pensa a qualcosa di totalmente nuovo, anzi d’antico: un film di due minuti, come ai tempi (peraltro, da Gavino mai amati e rimpianti) di Carosello. La storia, lunga e misteriosa, ben girata da Barry Kinsman, viene totalmente narrata dalle immagini e dalla musica, senza speakeraggio. E in un primo momento i telespettatori non capiscono dove si vada a parare, se si stiano sponsorizzando le Ferrovie dello Stato o l’azienda dei telefoni, una marca di abiti o di automobili. Finché, dischiusisi cancello e portoni di Villa Nannini a Siena, non diventa tutto oltremodo chiaro: il primo pensiero del manager di successo di ritorno a casa è rivolto a lei, l’amata pastasciutta.

Frame dallo spot treno