I vasi di Murano dei negozi Barilla (1929)

di Giancarlo Gonizzi

“Ci è mai stato nel rifugio antiaereo?”. Era la Signora Natalia, giunta in archivio una mattina di maggio, a rivolgermi il quesito. Vera “istituzione” aziendale, Natalia era entrata a servizio della Signora Virginia Barilla (1890-1976) poco più che bambina ed ora, diversi decenni dopo, era alla guida della società che gestiva le pulizie e i servizi nelle varie sedi del Gruppo Barilla.
Sapevo dell’esistenza di un rifugio antiaereo scavato nel sottosuolo del cortile dell’Azienda pochi mesi dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale, per averne visto il piccolo accesso in alcune fotografie d’epoca conservate in archivio (foto 1). Ma nulla di più. Ero, anzi, convinto che fosse scomparso con la ristrutturazione dello stabilimento operato negli anni Sessanta del Novecento.
– Ma esiste ancora? – “Certo! Se vuole l’accompagno”.
Attraversammo il cortile ed entrammo nell’edificio che un tempo aveva ospitato la Famiglia Barilla (foto 2).
Progettato dall’architetto Karl Elsasser di Stoccarda nel 1933, era uno straordinario esempio di architettura Déco, con marmi policromi e preziosi impiegati come boiseries nello scalone e marmo cipollino nelle colonne dell’ampio open space (foto 3) creato per accogliere gli uffici amministrativi.
Ma questa volta non salimmo al piano superiore, dove si aprivano gli appartamenti della Famiglia. La Signora Natalia aprì una porticina che ci introdusse ad uno scantinato, rifinito in cemento grezzo e dopo un giro di corridoi, volgemmo risolutamente in direzione del cortile. In fondo ad un breve corridoio si apriva un piccolo ambiente ipogeo, con una lampada di sicurezza al centro del soffitto e un giro di panche. La luce non funzionava e la penombra era rischiarata solo da un debole filo di luce proveniente da una bocca di lupo. Questo luogo aveva accolto gli impiegati durante i frequenti allarmi aerei del 1944-45. Qualche scatolone impolverato ma vuoto testimoniava un utilizzo successivo come ripostiglio. Una memoria del passato, ma nulla di particolare.
Ma alzando lo sguardo, mi avvidi che sopra le panche girava una scaffalatura di legno che non pareva vuota. Come dei fantasmi polverosi si assiepavano sui ripiani dipinti di bianco.
– Ma cosa sono? – “Sono i vasi dei negozi. Quando vennero dismessi alla fine della guerra, la Signora Virginia li fece portare qui”.
Ne presi uno con cautela e soffiata via la polvere, dalla nuvola opaca emerse la sagoma di un elegante vaso in vetro. Il taglio ruvido e l’assenza di bave mi fece comprendere che si trattava di vetro soffiato. Ce n’erano decine di varie fogge e misure.
– E noi, Signora Natalia, li porteremo in Archivio Storico. “Tutti?” – Sì, tutti, anche i coperchi spaiati e i pezzi sparsi.
Il giorno dopo, puliti di fresco, arrivavano in Archivio trentuno vasi completi (foto 12e alcuni frammenti a conca. Recuperai le foto dei negozi Barilla: nel locale di Strada Vittorio Emanuele (foto 4) – là dove era nata l’azienda nel 1877 – erano disposti in fila 60 vasi che contenevano i vari formati di pasta sfusa.
Nella straordinaria boutique aperta nel 1929 in Strada Cavour – il passeggio cittadino – progettata dall’architetto Mario Bacciocchi (1902-1974), ancora vasi sulle cristalliere, di fogge diverse, e alcune alzate “a fontana” – ecco da dove venivano i frammenti (foto 5-6-7-8-9). Un articolo pubblicato su “Aemilia” nel dicembre 1929 proponeva alcune immagini dell’allestimento e descriveva nel dettaglio i lavori compiuti (foto 11). Dalle righe emerge un nome: i vasi, disegnati dallo stesso Bacciocchi erano stati realizzati dalle vetrerie dei Fratelli Toso a Murano! Un nome troppo noto per passare inosservato. Un nome, fortunatamente, ancora oggi noto. Una ricerca sugli elenchi, una telefonata, sono in linea con il titolare: sì abbiamo un archivio; sì è possibile consultarlo, sono in tanti che ce lo chiedono; sì ricordo che lavorammo per Barilla, dovrebbero esserci i disegni…
Approfittando di un viaggio a Venezia, alcuni mesi dopo mi accoglieva la magia di Murano con le fornaci e i vetri di design ovunque. Barilla, però, nello schedario non si trova. Strano… Proviamo con il nome dell’Architetto, ed ecco spuntare i disegni dei vasi che conosco e dei vasi che ho visto in fotografia e non esistono più. Oggi una copia dei disegni (foto 10) è in Archivio Barilla.

Avventura a lieto fine? In realtà era solo l’inizio. La ricerca degli arredi originali non ebbe esito: testimonianze confuse e una guerra di mezzo non facevano ben sperare. Ma proprio per questo nacque l’idea di ricostruirlo, quel negozio straordinario, grazie alle mani sapienti di Ruggero Monica (1930-2019). L’occasione propizia era l’allestimento dello stand per Cibus, il Salone internazionale dell’Alimentazione, del 1998. La pazienza dell’architetto Gianni Capelli, che aveva studiato la storia urbanistica e commerciale cittadina, permise di ridisegnare, partendo dalle belle foto di
Alberto Montacchini (1894-1956) conservate in Archivio, la struttura degli arredi. Francesca Ghinelli, promettente studentessa dell’Istituto d’Arte, rilevò e riprodusse fedelmente le architetture dipinte dal decoratore Tito Peretti (1903-1980) nella fascia sotto il soffitto.
L’idea piacque a Guido, Luca e Paolo Barilla e con la collaborazione degli architetti Alberto Bordi, Sauro Rossi e Marco Zarotti venne allestito uno stand davvero unico (foto 13), con la ricostruzione filologica degli arredi su tre lati e avveniristici schermi multimediali sul quarto lato, a suggerire una innovazione rispettosa della tradizione.
Il rifugio antiaereo oggi non esiste più: la trasformazione urbanistica dell’area Barilla del 1999 e la costruzione del Barilla Center e del grande parcheggio sotterraneo lo hanno fatto scomparire.

Ma i vasi di Murano contengono ancora tutta la loro storia…