Liscio in tavola

di Emmanuel Grossi

Era dall’estate 1965, col debutto di Mina diretta da Valerio Zurlini, che la pasta Barilla non saltava un appuntamento con Carosello, realizzando ogni anno una, due, addirittura tre serie di commercial. Ma la crisi economica ed energetica di metà anni Settanta (l’epoca dell’Austerity) sconvolse tutti i piani. Non si ritenne opportuno continuare a investire massicciamente nella pubblicità di un bene di prima necessità, il cui prezzo era stato calmierato dal Governo; così gli spazi televisivi già acquistati furono prontamente convertiti in favore delle fette biscottate e, poco dopo, della nuova linea di prodotti da forno Mulino Bianco.
Negli anni anche la comunicazione della semola era cambiata: archiviati i fasti di Mina e la gradita presenza di Massimo Ranieri, ora la priorità era differenziare il brand dai tanti altri che affollavano il mercato, rimarcandone la genuinità (per prendere le distanze dalle frequenti frodi alimentari) e la qualità (comparando il grano duro di Barilla ai concorrenti che usavano grano tenero, non reggendo la cottura). Per il ritorno a Carosello, nel 1975 (si replicherà nel ’76), si puntò su quegli stessi valori anche nella parte spettacolare, declinandoli in chiave musicale: Alla difesa delle buone tradizioni.

Erano gli anni del folk, che si era espanso a macchia d’olio dal mercato discografico alla televisione (gli fu dedicato pure un girone di Canzonissima). Nel calderone finì un po’ di tutto: i canti dialettali tramandati oralmente e recuperati con accurate ricerche etnomusicali, quelli di lavoro e di impegno politico-sociale (delle mondine, delle tessitrici…), quelli di guerra (di trincea, dei partigiani…), brani “genericamente datati” (di fine Ottocento-inizi Novecento) e prodotti meramente commerciali, che di “antico” avevano solo il ritmo (e fu un profluvio di tanghi, valzer, polke, mazurke…).
Barilla scelse di mediare le varie istanze optando per un genere sì tradizionale ma sempre attuale: il liscio, i balli da sala. E puntò al vertice, scritturandone il re incontrastato: Raoul Casadei.

La produzione milanese Unionfilm andò a girare direttamente alla Ca’ del Liscio, durante i gioiosi e affollati concerti dell’Orchestra Spettacolo con cui Raoul Casadei aveva rinverdito i successi di famiglia, la lunga storia artistica che dallo zio Secondo con la celeberrima Romagna mia arrivava fino ai “nuovi classici” Amico sole, Concerto popolare, La mazurka del primo appuntamento, La mazurketta
Caroselli semplici, ruspanti, girati macchina a mano (coi ballerini di tutte le età ripresi da vicino, al centro della pista) perlopiù dal regista televisivo Enzo Trapani, che torna a Barilla con una serie per certi versi antitetica e complementare alla sua precedente del 1968: dalla Versilia alla Romagna, dal pubblico compìto e altolocato della Bussola a quello informale delle balere, dall’eleganza di Mina alla genuina vitalità di Casadei… In ambo i casi, una comunicazione al passo coi tempi e ben coesa con i messaggi istituzionali esposti nei codini, ai quali lo spettacolo ci conduce naturalmente e senza scossoni.