Mario Pavesi e le sue intuizioni

Mario Pavesi e le sue intuizioni

Giancarlo Gonizzi – Lamberto Prati

 

«Leggere oggi il giornale di domani»

Si dice sempre che la “storia” la fanno gli uomini. È vero. Ma la fanno anche i luoghi. Novara è un crocevia: pur trovandosi in Piemonte è la meno “piemontese” delle province ed anche la meno dipendente dal capoluogo.
Il suo centro di gravitazione è, anzi, Milano, a 40 minuti di treno. Novara è anche una tra le più vaste province italiane. Dal Monte Rosa al Ticino, dalla Svizzera al Po, dalle risaie al lago Maggiore, Valsesia e traforo del Sempione: è tutto un susseguirsi di panorami e scenari diversi tra loro. A Novara l’Italia deve molto. Già intorno alla metà dell’Ottocento si sono svolte da queste parti alcune tra le battaglie più cruente e decisive per l’unità d’Italia. Terra di gente schiva e riservata ma generosa, perché anche la Resistenza è stata qui vissuta forse in modo più drammatico che altrove. Forse è l’acqua, croce e delizia di Novara. Così abbondante in superficie e adatta perciò alla risicoltura, ma non potabile, se non nei pozzi a grandissima profondità. Nel dopoguerra di nuovo le risaie alla ribalta. Venivano a lavorarci da tutto il nord d’Italia e, qualche volta, anche da più lontano. C’erano treni anche dall’Emilia, pieni di donne, un baule per ciascuna, con dentro il vestito buono e qualche salame.

Mario Pavesi da Cilavegna

Mario Pavesi nasce nel 1909 a Cilavegna, piccolo paese in provincia di Pavia a soli 20 km da Novara. Il padre di Mario ha una falegnameria ma è intraprendente: con il fratello apre una panetteria. Qui Mario acquisisce le prime basi di quella che poi qualcuno dei suoi collaboratori chiamerà, senza accezioni negative, la mentalità del “panettiere” e l’interesse verso il mondo della produzione. Tuttavia la sua vera “vocazione” è la vendita che non può certo esprimere nel lavoro insieme al padre e allo zio. Decide perciò di trovare da solo la sua strada: dapprima come commesso e poi come piccolo grossista di dolci, soprattutto di confetti. Comincia a vendere a Novara dove arriva nel 1934 insieme ai fratelli Piero e Ambrogina. Prima con la classica bicicletta con le due ceste davanti e dietro e poi con un camioncino scassato, inizia a visitare i clienti. Mario si rende però conto che, per raggiungere i suoi obbiettivi, la semplice vendita dei prodotti non basta; allora, riappropriandosi del suo retaggio culturale di produttore, decide di occuparsi in prima persona anche del prodotto da vendere. Nel 1937 assume tre operai, aprendo un forno prima in via dei Caccia e poi in via Monte Ariolo, in cui produce i biscottini tipici di Novara. Nel 1940, anche per Mario Pavesi e per la piccola struttura da poco creata, scoppia la guerra che causa non pochi problemi soprattutto per il razionamento delle materie prime; riuscirà a fronteggiare le difficoltà con l’abilità tipica dell’imprenditore di razza, rifornendo con i suoi prodotti caserme, ospedali e civili, in un difficile equilibrio tra le forze politiche e militari in campo a quel tempo. Già in quegli anni emerge la sua personalità di uomo generoso. Attraverso l’Istituto Dominioni, che si occupa di assistenza ai giovani, riesce a far pervenire molti quintali di prodotti alimentari alle forze partigiane in montagna. È un uomo che non si fa travolgere dagli avvenimenti. Anche durante la guerra, la sua curiosità, il suo interesse verso il comportamento della gente rimane inalterato. Alcune sue osservazioni lo confortano sulla bontà della strada intrapresa: è impressionato dalla quantità di dolci che i soldati americani consumano. Nel frattempo, il 28 febbraio del 1943, il matrimonio con Mariuccia Lodigiani segna una tappa fondamentale della sua vita, non solo privata. La moglie sarà di fatto e per molto tempo l’amministratrice della azienda grazie sia al diploma di ragioniera ma anche al carattere equilibrato. La signora Pavesi è ancora vivente ed è molto attiva sul piano professionale tant’è che il figlio Pier Luigi la definisce “la nostra commercialista”. Molti dipendenti di allora la ricordano come una persona che aveva la capacità di lavorare con gli altri con grande semplicità. Dotata di un modo di fare molto naturale riusciva ad estraniarsi dal ruolo di titolare dell’azienda. I suoi collaboratori di allora ricordano che a volte si dimenticavano che fosse la signora Pavesi, “lavorava come noi, faceva le fotocopie e fascicolava, lo faceva come noi; era bello perché faceva diventare ancora più importante il lavoro: il valore-lavoro”.
Questa cultura della dedizione al lavoro era la stessa molla che spingeva l’attività di Mario Pavesi. Pier Luigi, il figlio, lo ricorda “per la dirittura morale e la grande severità verso sé stesso e gli altri; viveva in una dimensione austera, non usciva dal seminato neanche per scherzo; con lui non si potevano usare termini volgari, non si arrivava al “Lei” ma poco ci mancava”.
Nel 1945 con il trasferimento delle attività produttive nello stabilimento di Largo Leonardi comincia la produzione industriale vera e propria. Ma Mario Pavesi si interessa sempre di tutto. Continua la sua attività nel settore vendite. Questa volta è lui ad insegnare ai propri collaboratori a vendere. Si dice che qualche volta, lo facesse in modo spettacolare come quando, per testimoniare che la qualità dei “Pavesini” era indistruttibile, prendeva un pacchetto, metteva un’armatura di legno sotto la confezione e poi la sbatteva ripetutamente su di un tavolo. Naturalmente i Pavesini erano intatti.

Nascono i Pavesini

è nello stabilimento di Largo Leonardi che prendono forma definitiva i Pavesini. Rispetto al biscotto originario, fatto dalle suore nell’epoca napoleonica e assunto, con la figura del carnevalesco Re Biscottino, a simbolo della città, è più piccolo e con un contenuto di umidità inferiore che ne consente il confezionamento e la maggiore conservabilità. Comincia a diventare importante anche la confezione e non solo per risolvere i problemi tecnici. Anche l’occhio vuole la sua parte, si diceva. Ora si parla di immagine, comunicazione, pubblicità. Un giovane pubblicitario, Aldo Beldì, si occupa del disegno dei primi incarti. Comincia a delinearsi, a partire da questo momento, il vero pensiero imprenditoriale di Mario Pavesi su cui si fonderanno le sorti della sua azienda negli anni a venire. La necessità di innovare e quindi differenziare i propri prodotti rispetto ai concorrenti era un pensiero ricorrente per Mario Pavesi. A chi gli chiedeva il segreto del successo soleva rispondere: “Nessun segreto. Basta lavorare e fare le cose subito, altrimenti si rischia che altri lo facciano prima di te”. Altro pilastro filosofico e connotato di modernità era l’importanza attribuita da un lato alla vendita, intesa come filiera che comincia dalla propria forza vendita e con le azioni promozionali e dall’altro alla comunicazione pubblicitaria di cui Pavesi fu antesignano. Fu, però, più largamente, anticipatore dei tempi nello sviluppare un moderno concetto di qualità, dando una grande importanza al controllo qualitativo sia di prodotto che di processo e chiedendo, per la messa a punto delle ricette dei prodotti, la collaborazione di illustri nutrizionisti e fisiologi. Oggi si direbbe che cercò – e in parte vi riuscì – di posizionare i prodotti, soprattutto i Pavesini, nell’area dietetico salutistica. L’attività dell’imprenditore continua frenetica. Grazie alle grandi capacità di osservatore e a qualche viaggio all’estero intuisce che i prodotti, opportunamente venduti, possono dare anche servizio alla gente. Ad esempio perché non razionalizzare quanto già di fatto avveniva lungo l’autostrada Milano-Torino dove di notte i camionisti si fermavano ad acquistare i biscotti e a bere un caffè? Nasce il primo Autogrill.
Il cerchio si chiudeva, il ciclo era completo: produzione, vendita, punto vendita, servizio al consumatore. Mario Pavesi vi metteva sempre tutta la sua generosità: visite continue per vedere lo svolgimento delle operazioni e il comportamento di consumo dei clienti. E il mito si alimenta. Temutissime, dai dipendenti, visite notturne, quando non riusciva a dormire, e guardava dietro le porte per vedere se era tutto pulito, tutto in ordine. Esigente verso se stesso e gli altri, dava grande importanza all’igiene e alla pulizia che considerava quasi una base “etica” di funzionamento e un termometro anche dell’efficienza e del lavorare “con coscienza”. Questa chiarezza di idee trovava poi corrispondenza etica anche a livello di rapporto con i collaboratori. Esigeva grande lealtà, non amava le “ruffianerie”, detestava chi faceva il furbo o “prendeva delle scuse”, preferiva chi sapeva assumersi le proprie responsabilità, anche quando sbagliava. “Tutti”, diceva, “devono esprimersi sempre al massimo delle proprie capacità”.

Tutti in Corso Vercelli

I classici lo avrebbero definito “uomo dal multiforme ingegno”. Nel 1954 viene inaugurato il nuovo stabilimento di Corso Vercelli, tutt’ora in funzione. È questa la base in cui “l’imprenditore” ha raggiunto una maturazione completa. Mettendo a frutto una serie di viaggi negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, da cui trae una serie di indicazioni e intuizioni, concepisce e comincia a produrre i crackers. Mario Pavesi conferma anche in questo caso una delle sue caratteristiche più tipiche: la prontezza nel capire le situazioni e la velocità nella realizzazione, senza esitazioni. “Arrivare prima degli altri”, era il suo motto. Il tutto condotto con spirito impulsivo, decisionista, entusiastico. È tutto un fiorire di iniziative.
1950: una mongolfiera sull’autostrada Milano-Torino segnala la presenza dl primo Autogrill Pavesi e viene fatta la prima campagna stampa e radiofonica. Quando anche Motta comincia a fare gli Autogrill si scatena la competizione. Fa studiare da famosi cuochi le ricette dei piatti che vengono serviti negli Autogrill. Nasce all’interno dell’area di Corso Vercelli una “lavanderia industriale” in cui vengono lavati tutti i camici del personale (il “cambio” viene fatto due volte alla settimana per gli operai e una per gli impiegati) e le tovaglie degli Autogrill. Nel 1960 riesce a far installare nelle stazioni ferroviarie di Milano e Roma due insegne luminose della lunghezza di 12 metri che reclamizzano i prodotti. Era l’epoca di “è sempre l’ora dei Pavesini” e dei “Pavesini segnale orario dell’energia”. Sarà poi la volta del mitico e tenero Topo Gigio quale testimonial Pavesi.
Nel frattempo sono arrivati i riconoscimenti istituzionali: nel 1955 viene nominato Cavaliere del Lavoro. Fa anche esperimenti. Dopo un viaggio in U.S.A. cerca di produrre i cornflakes ma poi abbandona il progetto.

Pensare agli altri

La generosità di Mario Pavesi è proverbiale. Nonostante il successo non si dimentica degli “altri”, di quelli che hanno bisogno. Nel 1948 prende a cuore la realizzazione della “Casa del Divin Redentore”, istituzione che aiuta gli ex-carcerati a reinserirsi nella società. Fa pubblicare a sue spese un opuscolo che pubblicizza e sostiene l’iniziativa. Riesce a far coagulare intorno al progetto, l’interesse di alcuni imprenditori dell’area novarese e nel 1949 si inizia la costruzione dell’edificio che sarà poi ampliato nel 1955. È in quest’epoca che conosce l’allora deputato Oscar Luigi Scalfaro e l’allora Vicario della Diocesi di Novara Ugo Poletti che lo incoraggeranno spesso in queste sue iniziative. Nel 1963 è tra i principali benefattori che consentono la costruzione della “Casa Maria Assunta” che è punto di riferimento per giovani donne coinvolte in situazioni difficili. Dona anche al comune di Cilavegna, suo paese natale, la casa di riposo per anziani. È un uomo di grande religiosità. Va spesso a Lourdes con la moglie. Non manca mai di rifornire di biscotti le corriere in partenza per la località Francese.

L’inizio delle deleghe

Gli “affari” hanno ormai assunto una dimensione ragguardevole; le linee produttive sono molto potenti: 60 quintali all’ora di biscotti; è necessario circondarsi di uomini capaci e fidati. Dicono di lui: “Sapeva trovare gli uomini giusti e metterli al posto giusto”. Dicono anche: “Era un burbero ma sapeva anche rendersi gradevole agli altri”. Cosi arrivano collaboratori in tutte le aree chiave: esperti di tecnologie, vendite, acquisti, amministrazione e finanza. Alcune persone vengono reclutate secondo sistemi ormai collaudati. “Quando assumeva qualcuno voleva che per almeno tre generazioni la sua famiglia non avesse avuto guai con la giustizia” e si faceva assistere da un consulente che era stato Questore di Novara. Oppure assumeva qualcuno il cui nonno era stato il suo fidato giardiniere. Lo aveva potuto apprezzare per le sue doti umane e la dedizione. Oppure assumeva un operaio che dopo aver ritrovato la sua borsa contenente soldi e documenti gliela aveva restituita. Il delegare non gli impediva di essere costantemente presente in stabilimento e negli uffici, per inculcare anche agli impiegati il suo “credo” professionale e il senso della pulizia, dell’ordine, dell’efficienza.
Chissà se questo uomo che parlava in dialetto agli operai, che aveva preso la quinta elementare per ottenere la licenza del negozio, che riusciva a sintetizzare su una piccola agenda tutte le attività essenziali della sua impresa, si rendeva conto che con le sue azioni avrebbe influenzato il modo di produrre di molte aziende e il modo di consumare di una larga parte della società italiana, avrebbe, come dice il figlio Pier Luigi, “saputo leggere oggi il giornale di domani”.

L’evoluzione dell’impresa

Le dimensioni della Pavesi sono ormai quelle di una grande industria. Lo stile di gestione deve evolversi da modelli “famigliari” verso assetti organizzativi di tipo industriale avanzato. Nel 1969 la struttura organizzativa giunge al momento della massima espansione. Lo stabilimento ha 1800 dipendenti. Le filiali Pavesi e PAI, 80 in totale, presidiano capillarmente tutto il territorio italiano. Le filiali non sono solo centri distributivi ma delle vere e proprie piccole aziende che comprendono sì la parte distributiva, ma anche quella commerciale. Ciascuna filiale ha una competenza esclusiva sulla zona ed è gestita da personale sia commerciale che amministrativo.
Anche a livello organizzativo Pavesi è innovativa. Viene tentata per la prima volta in Italia la sostituzione dei trasportatori dipendenti diretti con i “padroncini”. Questo modello si sarebbe esteso, poi, a distanza di qualche anno a molte altre aziende italiane. Ma il “tocco” di Mario Pavesi, c’è sempre. I dipendenti delle filiali vengono reclutati sul posto per consentire la creazione di un rapporto più famigliare tra aziende e clienti. Naturalmente è pieno di “Signore Marie”, piccoli negozi di prossimità che hanno spesso bisogno non solo di buoni prodotti ma anche di consigli amichevoli. Lo stile Pavesi ben si adatta a questa situazione. Gli oltre 300 venditori “conquistano” le “signore Marie” di tutta Italia dimostrando, come sempre, che la qualità dei Pavesini è indistruttibile. Si fa diversa anche la vita in stabilimento. Prima gli operai si conoscevano tutti fra loro, ora, al massimo, fra quelli di ciascun turno. Cominciano gli “autunni caldi”: la contestazione e le lotte sindacali; nel 1968 i primi scioperi. Qualche volta, le prime volte, Mario Pavesi, con il suo carisma, riesce a convincere gli operai in sciopero a rientrare a lavorare in fabbrica. Ma questo gli diventa sempre più difficile. Cambia l’immagine che di lui molti operai hanno. Mario Pavesi è amareggiato: “da benefattore ad affamatore”. Certamente la complessità dell’impresa non gli consente più un contatto diretto, quasi fisico, con il personale, ma lo obbliga, di malavoglia, a delegare. La delega, per lui imprenditore vecchio stampo, accentratore per natura ma anche per necessità, è difficile. In ogni caso, contro gli scioperi a singhiozzo attuati dal personale degli Autogrill, non c’è niente da fare. “Arriva un pullman di turisti: 10 minuti di sciopero. Il pullman riparte e si riprende (eufemisticamente) il lavoro”.

È arrivata l’ora di Ringo

Nonostante le difficoltà che sopravvengono verso la fine degli anni Sessanta, le radici dell’azienda sono ben salde. Mario Pavesi, ha sempre presente il concetto di innovazione. Differenziare i propri prodotti da quelli dei concorrenti: è la parola d’ordine. L’incitamento verso i propri collaboratori a sviluppare “qualcosa di diverso” è continuo. I controlli di qualità verso i fornitori e sulle linee di produzione si fanno più intensi. Mario Pavesi pensa sempre ai suoi Pavesini come prodotto dietetico. La ricettazione viene perfezionata anche con l’apporto di pediatri famosi quali i professori Ivo Nasso e Luca Auricchio. Alla fine riesce nell’intento di far registrare i Pavesini come prodotto dietetico “senza aggiunta di grassi”. In quest’ottica si muove anche nel mondo dei crackers. Si fa assistere da un fisiologo molto conosciuto, il professor Rodolfo Margaria, per realizzare un cracker senza sale. Anche sul fronte Autogrill le cose si evolvono. Una volta capito che l’Autogrill era l’antesignano del fast-food, comincia il maquillage delle varie aree di sosta. Per Natale presso l’Autogrill di Novara, viene piantato un abete alto come una casa di tre piani. Tutto illuminato, si vede perfino dal centro della città. In un altro Autogrill viene installato un trespolo con un uovo gigantesco appoggiato sopra. Mario Pavesi aveva certo in mente quello che aveva visto in America. Nel 1967 nasce un altro prodotto mitico: è l’ora di Ringo. Ma continua ad essere anche l’ora dei Pavesini. Pionieri in tutto, primo biscotto confezionato, primo biscotto venduto in pacco famiglia, primo – nel 1968 – ad essere venduto in versione porzionata come merenda. Da allora e per molti anni quanti Pavesini nelle cartelle degli scolari italiani! Il risultato di queste intuizioni: 60 quintali all’ora di Pavesini. Ma la mente di Mario Pavesi non è solo rivolta al prodotto. Le azioni promozionali e la pubblicità sono due leve fondamentali. Saperle connettere ed ottimizzare è la ricetta del successo. Celebre il grande concorso “Raschia Quattro” del 1974 che consentì alla Pavesi di ritornare ai volumi di vendita massimi di 50.000 quintali, che erano stati raggiunti cinque anni prima.

Nel privato

Non è facile distinguere ciò che per Mario Pavesi era “privato” da quello che lui considerava lavoro. Tutto era mescolato. Come interpretare diversamente il chinarsi a pulire un pavimento quando non lo soddisfaceva come lucentezza. Oppure le visite notturne agli Autogrill. Anche nel “sociale”, quando pagava ai dipendenti le rette per l’asilo dei figli. Una delle poche concessioni, la passione per l’antiquariato. Ma lo si vedeva nell’arredamento dell’ufficio. Forse gli dava senso di sicurezza, di controllo. Una continua “tensione” verso le attività dell’impresa. E sempre un gran rispetto verso i collaboratori, soprattutto gli operai, certo più vicini al mondo delle sue origini. Uomo di profondi sentimenti, ma anche spigoloso, i suoi più stretti collaboratori lo ricordano bene: quando squillava il telefono, e sapevano che era Mario Pavesi perché si era fatto “personalizzare” lo squillo, dovevano correre immediatamente. La dimensione privata di questo grande imprenditore è stata negli ultimi dieci anni della sua vita, largamente segnata dalla malattia: nel 1960 le prime avvisaglie, nel 1969 un tumore, nel 1974 ricaduta, nel 1975 i primi problemi al cuore, nel 1987 un infarto. Il destino era segnato. Di fronte a questo dramma e alle incertezze sul futuro Mario Pavesi decise di non affidare ai figli, ancora troppo giovani, la successione. Li fa studiare, li prepara, ma nel 1972 cede l’azienda alla Montedison. Il trauma che indubbiamente prova è attenuato dal rimanere fino al 1974, dapprima come Presidente della Società e poi come consulente.

Non mollare mai

Nonostante le difficoltà e le amarezze, la tempra di Mario Pavesi è molto forte. Si dà da fare. Crea altre attività, altre imprese: nasce così il famoso rabarbaro Zucca, altra istituzione italiana.
La malattia non gli impedisce di essere sereno. Non si dichiara mai sconfitto. Amplia i propri orizzonti. Viaggia con il figlio Pier Luigi in Cina, dove producono il rabarbaro. Nel 1980 affida le nuove attività definitivamente ai figli. Si concede più periodi di vacanza nelle case di Arenzano e Macugnaga ma anche negli ultimi anni della sua vita quando nel 1988 va in visita alla Pavesi (a Milano, già Alivar) e parla con gli ex-collaboratori, afferma: “Se avessi dieci anni di meno ricomincerei”.

Il passaggio del testimone

Mario Pavesi si spegne nel febbraio 1990 a 81 anni, dopo un anno di malattia. Viene sepolto a Cilavegna dove era nato e dove lui e la sua famiglia venivano sempre a Natale e Pasqua, a salutare il sindaco. Mario Pavesi scompare dopo aver visto dall’esterno un periodo oscuro per la storia della “sua” azienda.
Sarebbe, a breve, seguito il momento del riscatto: il dono più bello al sacrificio e al lavoro di un uomo, il riconoscimento del valore delle basi che lui aveva posto. Il testimone sarebbe stato raccolto.

 

 


Cronologia di Mario Pavesi (1909-1990)

1909

Mario Pavesi nasce a Cilavegna, in provincia di Pavia, dove molto presto inizia a lavorare nella panetteria del padre e poi come piccolo grossista di dolci.

1934

Con i fratelli Piero e Ambrogina si trasferisce a Novara, dove ben presto sviluppa il suo talento d’imprenditore.

1937

Con l’aiuto di tre operai, apre un forno a Novara, dove produce i “Biscottini di Novara”.

1939

Con l’incrementarsi del lavoro, il forno arriva a contare dieci operai

1940

Apre uno stabilimento di quasi 3.000 metri quadrati e dà lavoro a diciannove operai.

1943

Sposa Mariuccia Lodigiani che sarà di fatto, e per molto tempo, l’amministratrice dell’azienda.

1939-45

Lo scoppio della seconda guerra mondiale non rallenta le attività dell’azienda: Pavesi rifornisce con i suoi prodotti caserme, ospedali e civili, e già si prepara alla ripresa post-bellica ideando nuovi e più moderni metodi di fabbricazione, costruendo il macchinario e brevettandolo. Dai “Biscottini di Novara” fa nascere i “Pavesini”. Un viaggio negli Stati Uniti, poi, gli dà spunto per i Crackers, i Ringo e i posti di ristoro sulle autostrade.

1945

Con l’inizio della ripresa post-bellica e della produzione industriale vera e propria, apre un nuovo stabilimento a Novara, in Largo Leonardi, dove sviluppa nuove varietà di prodotti per i quali, oltre alla produzione e vendita, si occupa anche della promozione e comunicazione pubblicitaria, di cui è un antesignano. Tra le iniziative, distribuisce nei punti vendita espositori in filo metallico dell’intera gamma Pavesi.

1947

Su disegno dell’amico architetto Angelo Bianchetti, costruisce l’antesignano degli Autogrill, vicino al casello di Novara, sull’autostrada Milano-Torino. Nel giro di un decennio l’Italia si popola di autogrill con le svettanti insegne Pavesi, a cui si aggiungono presto quelle concorrenti.

1952

Allestisce alla Fiera di Milano uno stand Pavesi con uno spettacolo di burattini, e partecipa al Giro d’Italia con un automezzo che segue la carovana e ad ogni tappa proietta cartoni animati e spot pubblicitari.

1954

Inaugura il nuovo stabilimento di Corso Vercelli, tutt’ora in funzione, e avvalendosi di esperti di tecnologie, vendite, acquisti, amministrazione e finanza, arriva a produrre 60 quintali di biscotti all’ora. Lo stile di gestione evolve da un modello “familiare” verso assetti organizzativi di tipo industriale avanzato.

1959

Presso il ristorante Savini di Milano, riunisce intorno a sé, per un incontro all’insegna dei Pavesini, i più noti esponenti del mondo artistico-culturale italiano: Mario Soldati, Achille Campanile, Erberto Carboni, Orio Vergani, Enrico Emanuelli, Dino Buzzati.

1969

La Pavesi arriva a contare 1800 dipendenti, 80 filiali su tutto il territorio italiano ed oltre 300 venditori.

1962

Nasce il nome “Autogrill Pavesi” e, su progetto dell’architetto Angelo Bianchetti, sull’Autostrada A4 viene eretto il primo autogrill con struttura a cavallo di entrambe le corsie di marcia.

1972

Con i figli ancora troppo giovani, Mario Pavesi cede l’azienda alla Montedison, dove rimane prima come Presidente e poi come consulente della Società, fino al 1974. Nel frattempo crea altre attività, tra cui la Rabarbaro Zucca.

1977

Così come Motta e Alemagna, anche la Pavesi viene fusa in SME, società finanziaria statale per il settore alimentare. Nello stesso anno, dalla fusione dei rami di ristorazione autostradale di Alemagna, Motta e Pavesi, nasce il marchio “Autogrill”.

1980

Mario Pavesi affida ai figli la gestione della Rabarbaro Zucca. Gli ultimi dieci anni dell’imprenditore sono segnati dalla malattia.

1990

Nel febbraio, Mario Pavesi muore all’età di 81 anni.

1992

La Pavesi viene privatizzata e ceduta al gruppo Barilla. Oggi la produzione dell’azienda si divide in tre divisioni: biscotti da prima colazione, pasticceria e crackers.