I cracker del futuro
di Emmanuel Grossi
La tecnologia corre veloce. Soprattutto in pubblicità.
La ricerca incessante della perfezione estetica, dell’inquadratura ottimale, del nitore assoluto, della ripresa ardita, del trattamento filmico alla moda, ha spinto nei decenni passati le case di produzione ad aggiornare continuamente parco macchine e luci, ottiche e sistemi di montaggio ed effettistica e ad inseguire le ultime novità in campo internazionale. Tra i suoi pregi, la pubblicità ha infatti quello di essere stata un’enorme palestra per registi e direttori della fotografia, che potevano sperimentare costose attrezzature all’avanguardia che difficilmente si sarebbero potuti permettere al cinema.
Sono ormai lontani i tempi di Paul Bianchi (che pure fu un genio e un grande precursore). Nei primi anni Ottanta, con l’arrivo in pianta stabile del colore e caduto l’obbligo Sacis di presentare gli short su pellicola 35mm, la gamma delle possibilità di ripresa e di post-produzione si amplia a dismisura e la tecnica accelera. Al buon vecchio passo uno si affiancano truke ottiche sempre più elaborate (di cui il milanese Memmo La Rocca, altro genio e precursore, fu il leader assoluto, dai primi caroselli a fine anni Ottanta, quando morì prematuramente). E si fanno strada gli interventi in elettronica, che spesso implicavano il ricorso ad importanti società estere.
Alla Molinaire di Londra (tuttora in piena attività) si poteva ad esempio trovare lo Squeeze Zoom. E il pubblicitario Michele Rizzi, titolare dell’omonima agenzia che gestì a lungo il budget Pavesi, non si fece scappare l’occasione di utilizzarlo.
Per i cracker Gran Pavesi fu ideato uno short che – rivisto oggi – pare il divertissement di un grafico alle prime armi, ma che quarant’anni fa costò denaro, tempo e fatica: mentre in sottofondo si dipana e cresce un coro ecumenico (“Dividilo con chi vuoi…”), numerose immagini, tra fotografie e brevi animazioni, si inseguono scompongono sovrappongono e uscendo dall’inquadratura lasciano dietro di sé scie di pixel…
Si occupa del lavoro una casa di produzione appena nata e di cui Rizzi stesso aveva caldeggiato la costituzione: la Primo Piano, fondata da tre professionisti fuoriusciti dalla BRW: un amministrativo, la producer Giovanna Germoglio e il capo dell’edizione (e saltuariamente regista) Ermanno Ascari, che pochi anni prima, nella precedente società, aveva montato i buffi caroselli Natura e basta per le Fette biscottate Uova e Latte Barilla, con gli animali da cortile che razzolano a ritmo di tango.
È l’alba degli anni Ottanta (1980-81, le fonti non collimano).
Di lì a poco anche lo Squeeze Zoom sarebbe diventato familiare al pubblico televisivo: Canale 5 ne acquista uno per il regista Valerio Lazarov il quale, abbinandolo nel suo blindatissimo Magic Studio ad altre “diavolerie moderne” come il chroma key, seppe trarne risultati avveniristici e stupefacenti per lo show di punta della rete, Premiatissima.
Ma – ricorda Ascari – fu quello short Pavesi (e un Ferrarelle realizzato pressoché in contemporanea dal medesimo team di lavoro) il primo utilizzo pubblicitario in Italia di quel macchinario futuristico.