Paul Bianchi: Tra artigianato e mito

di Emmanuel Grossi

Paul Bianchi (1902-1958) è probabilmente la figura più mitologica della pubblicità (non solo) italiana. La sua scarna biografia è avvolta nelle nebbie del mistero e dell’oblio: sembra che fosse francese, di origine russa e che abbia vissuto l’ultima parte della sua breve vita a Milano, pur morendo a Roma poco più che cinquantenne. E in un qualche museo milanese dovrebbero essere ancora conservate alcune delle sue macchine avveniristiche. Sì, perché si dice che facesse tutto da solo in quel laboratorio dei sogni da cui uscirono negli anni Cinquanta film pubblicitari a colori (per i cinema) splendidi, altamente inventivi e tecnicamente spericolati. Fu tra i più importanti autori al mondo di film a passo uno, o stop motion. La tecnica si basa su un principio molto semplice: imprimendo la pellicola un fotogramma alla volta e modificando minimamente fra uno scatto e l’altro le posizioni degli oggetti o dei pupazzi protagonisti, si ottiene l’effetto di vederli muovere quando si fa correre la bobina in moviola o in sala di proiezione. Il concetto è lo stesso del cartone animato, solo che, per realizzare un secondo di film, anziché disegnare 24 tavole si devono scattare 24 “fotografie”.

Anche i rapporti di Paul con l’industria si perdono nella notte dei tempi: una sua versione mirabile e articolata della favola La cicala e la formica (di circa quattro minuti!) con finale pubblicitario per la Ferrochina Bisleri risalirebbe addirittura al 1940, sempre per i cinema ma ancora in bianconero.

Per Barilla lavorò due volte, a fine carriera: nel 1956 (prima ancora della nascita di Carosello) creò Le ali del nostro cielo (anche noto come Intermezzo) e nel 1958 Noi e l’uovo, probabilmente il suo ultimo lavoro prima di morire. Diversi i soggetti e diverso il trattamento: il primo, realizzato per la pasta di semola, ha un’impronta dichiaratamente grafica, tanto che la parte iniziale potrebbe essere scambiata per un cartone animato; il secondo, per la pasta all’uovo, è un passo uno tridimensionale, con le uova che restano sospese a mezz’aria, prima di rompersi nella fontana di farina, grazie ad un complicato gioco di fili e specchi. Nessun commento parlato: come d’abitudine, tutto danza a ritmo con la musica (in altri casi ancor più astratti, Paul Bianchi realizzò vere e proprie “sincromofonie”). E siamo certi che al gastronomo Rossini avrà fatto piacere accompagnare piatti di pastasciutta con le sue ouverture di Il barbiere di Siviglia e La gazza ladra.

 

 Le ali del nostro cielo

Noi e l’uovo