Barilla a Mosca

di Emmanuel Grossi

Uno dei motivi per i quali il 1989 sarà sempre ricordato è la caduta del Muro di Berlino. Ma, come noto, quell’appuntamento con la storia fu solo l’apice di un lungo processo che avrebbe condotto al disgregamento dell’URSS e alla fine della Guerra Fredda. Prima d’allora, le aperture all’Occidente da parte dei Paesi comunisti erano state dosate con il contagocce; ciononostante, ve ne furono anche in un contesto frivolo e “consumistico” come quello pubblicitario.
Il primo caso noto e ampiamente documentato risale al 1981, quando una troupe dello Studio K di Firenze ottiene di poter girare in Cina una serie di spot in cui Isabella Rossellini, dopo aver mostrato Piazza Tienanmen e altri scorci di Pechino, s’inerpica sugli altipiani dove veniva estratto e lavorato il rabarbaro, poi importato in Italia dalla Zucca.
Nel 1989, alcuni mesi prima di quel fatidico 9 novembre, è invece la volta di Mosca, dove giungono le macchine da presa di Film Master per conto della Barilla.

A girare nella Piazza Rossa innevata è uno dei più famosi registi sovietici, Nikita Michalkov, il quale richiede espressamente come direttore della fotografia Franco Di Giacomo, già al suo fianco due anni prima nel lungometraggio Oci ciornie (protagonista, Marcello Mastroianni) e in seguito in un film industriale per FIAT, L’autostop (Elegia russa). Anzi, sarà proprio con lo short Barilla che decollerà la carriera pubblicitaria di Franco, a dispetto del carattere schivo e dell’età ormai matura.
Ma il vero protagonista della campagna ideata da Gavino Sanna non sono le guglie del Cremlino o la slitta trainata dai cavalli, l’eccezionalità della location o l’ampio secondaggio, bensì il jingle, quel celebre Hymne di Vangelis ormai divenuto sinonimo per tutt’Italia di “Dove c’è Barilla, c’è casa”. Lo spot tende proprio a dimostrare come il sillogismo sussista anche fuori dai confini patrii e viaggi in parallelo all’identificazione della pasta italiana con il brand Barilla.
Come da prassi ormai collaudata, si occupa della produzione musicale la società milanese Jinglebell di Carlo Forester e Flavio Premoli (già membro fondatore e colonna portante della mitica Premiata Forneria Marconi), che affidano il lavoro all’amico e abituale collaboratore Lucio “Violino” Fabbri (anch’egli ex-membro della PFM). È proprio Fabbri a rivelare un dettaglio curioso ma emblematico della cura dei dettagli (forse, finanche eccessiva) su cui viaggiava la pubblicità del tempo: lo spot si apre con i rintocchi di una campana… e vennero usati proprio quelli (campionati) della campana del Cremlino.

Foto di scena sul set di Mosca 1989

 

Dallo spot Mosca 1989