Pietro Barilla senior

Parma, 3 maggio 1845 – 17 agosto 1912

Pietro Barilla senior (per distinguerlo dal nipote, pure di nome Pietro) nacque a Parma il 3 maggio 1845, sesto dei dieci figli di Ferdinando detto Luigi e di Angela Julia Lanati. Assieme ai fratelli maggiori Ferdinando e Giuseppe, Pietro andò ben presto a compiere il suo apprendistato nella bottega del nonno materno Vincenzo Lanati, un fornaio che aveva negozio e forno in strada Santa Croce 183/185. Compiuto il periodo di tirocinio, tutti e tre rimasero nel settore: Ferdinando continuò l’attività nel forno Lanati; Giuseppe sposò Emilia Sivori, figlia del fornaio Giovanni, e impiantò un laboratorio di paste alimentari nel 1873; Pietro, infine, nel 1877 aprì in strada Vittorio Emanuele 252 quella bottega e fabbrica di pane e pasta che è all’origine della futura società G. & R. Barilla che i figli Gualtiero e Riccardo porteranno avanti a partire dal primo decennio del nuovo secolo. Nel libro matricola della Camera di Commercio, all’anno 1877, Pietro Barilla risulta appunto iscritto quale “fabbricante pane e pasta”.

Nel laboratorio di via Vittorio Emanuele (oggi via della Repubblica 88), nei pressi della chiesa di San Sepolcro, la produzione avveniva ancora secondo metodi artigianali. Gli attrezzi in dotazione, forse soltanto gramola e torchio, erano in legno, di produzione locale. L’attività era a malapena sufficiente per mantenere la famiglia. Il lavoro, che si svolgeva nelle ore notturne per poter offrire ai clienti il pane fresco dalle prime luci dell’alba, era faticoso e inoltre regolato da una legislazione piuttosto vincolante sia per quanto riguarda la qualità delle farine utilizzate che per il tipo di cottura. La pasta, ovviamente, poteva essere lavorata e prodotta di giorno, ma anche per essa esisteva una normativa piuttosto stringente. Dato il rilievo sociale che assumeva la produzione del pane e della pasta, allora come oggi, gli alimenti fondamentali per la nostra popolazione, l’attività di fornaio e pastaio era soggetta a rigorosi controlli da parte delle Autorità, oltre che a conflitti e pressioni nel caso, assai frequente negli ultimi decenni dell’Ottocento, di vertenze sindacali aspre e di non breve durata. In questi frangenti, Pietro sedette accanto agli altri maggiori panettieri e pastai della città per discutere problemi sindacali che vertevano proprio sul lavoro notturno, trattare di calmieri e di misure idonee a proteggere, con il supporto della Camera di Commercio, un’attività divenuta in quegli anni di grande importanza per l’economia della provincia, tenuto conto che una certa quota della produzione di pasta veniva già allora commercializzata fuori Parma.

La situazione economica, sicuramente non florida, dei Barilla di quegli anni è desumibile dai ruoli delle imposte, che – con tutti i limiti statistici della rilevazione – dànno comunque un’idea proporzionale del peso dei vari contribuenti. I tre fratelli Ferdinando, Giuseppe e Pietro dichiarano un reddito che, paragonato con quello di altri esercenti dell’epoca, è sulla media, forse qualcosa di più nel caso di Giuseppe, che denuncia L. 2.200, mentre gli altri due ne denunciano soltanto 1.800. Siamo ben lontani dalle 20 mila lire dichiarate dal mugnaio, panettiere e pastaio Fiorenzo Bassano Gnecchi. Quasi tutti gli altri fornai e pastai, invece, sono sotto le duemila. Non si tratta, dunque, di una categoria particolarmente ricca: il mestiere di fornaio, esercitato artigianalmente con il solo aiuto dei familiari è di pura sussistenza.

L’anno prima di iscriversi alla Camera di Commercio – formalità che di solito, a quel tempo, veniva effettuata tardivamente rispetto all’effettiva apertura dell’esercizio – il 27 luglio 1876 aveva sposato Giovanna Adorni, che gli darà sei figli: Aldina (1877), Ines (1879), Riccardo (1880), Gualtiero (1881), Socrate (1885) e Gemma (1888). Tutti gli sopravvissero, tranne Socrate, che morì ancora in fasce.

Pietro Barilla senior è ricordato come un uomo che, pur nella sua modestia, possedeva capacità organizzativa, tenacia nel perseguire i risultati che si prefiggeva, spirito di sacrificio, intuizione massima, aperture sociali notevoli. In lui sicuramente si può riscontrare quel senso epico dell’impresa che oggi appassiona gli storici dell’economia, che non guardano soltanto all’aspetto puramente economico nell’attività dell’imprenditore (la ricerca del profitto), ma anche la realizzazione di una visione, di un sogno, il modo in cui un imprenditore incarna una sua idea, guadagna ad essa la fiducia e contagia gli altri col suo agire ancor prima che essa esista. E’ l’entusiasmo per l’impresa, per il rischio, per la ricerca incessante dell’innovazione, che pone l’imprenditore al di là e al di sopra dell’economia dei soli numeri del bilancio, ed è il carattere che si riscontra in Pietro Barilla senior e nei suoi figli e nipoti che continueranno con lo stesso spirito la sua idea originaria.

Nel 1892 Pietro volle ampliare il suo giro d’affari: intestò alla moglie il negozio di strada Vittorio Emanuele 252 ed a proprio nome acquistò un secondo negozio in borgo Onorato, dove venivano venduti i prodotti del forno principale. Si sottopose così ad un ritmo lavorativo massacrante, ma la redditività non si rivelò sufficiente a coprire l’investimento. Il 26 giugno 1894, per salvare il salvabile dall’assalto dei creditori, fece in modo che la moglie cedesse l’esercizio a lei intestato e ne aprisse un altro nella stessa strada Vittorio Emanuele, al civico 262, e il 3 luglio 1894 Pietro Barilla fu costretto a dichiarare fallimento e ad abbandonare il secondo negozio. Ma non era ancora cinquantenne e per lui non era ancora giunto il momento del ritiro. Continuò a lavorare nel negozio della moglie, a ricercare nuove iniziative, a progettare innovazioni e cambiamenti per adeguare la produzione ai sempre mutevoli gusti del pubblico. Nel 1898, dopo alcuni anni di oscuro e tenace lavoro, le sue finanze migliorarono al punto da consentirgli di aumentare il magazzino della materia prima, la farina. Con l’utilizzo di un torchietto di legno superò la fase produttiva manuale e la fece diventare almeno parzialmente meccanica; poi, al volgere del nuovo secolo, sostituì quell’attrezzo rudimentale con un torchio in ghisa ed una gramolatrice a piatto rotante. Incrementò così tanto la produzione di pane quanto quella di pasta, che giunse subito a due quintali giornalieri e a raddoppiare già nel 1903. Nel 1905, con l’assunzione di cinque operai, si arriverà ad una produzione di venticinque quintali di pasta e ad un proporzionale aumento di quella del pane.

Intanto, il 27 maggio 1904, morì la moglie Giovanna e pertanto fu necessario passare le redini dell’impresa nelle mani dei figli Gualtiero e Riccardo. Prima che giungesse il momento della sua scomparsa, il 17 agosto 1912, Pietro senior ebbe la soddisfazione di poter vedere la nascita della prima nipotina, la figlia di Riccardo battezzata con lo stesso nome della nonna, di assistere all’entrata in funzione del nuovo stabilimento fuori barriera Vittorio Emanuele e quindi di lasciare tanto la sua famiglia quanto la sua impresa, cui aveva dedicato anni di impegno, di sogni e di speranze, ed anche – perché no – di qualche insuccesso e delusione, in ottime mani.

 

Fonti e bibliografia

Camera di Commercio Industria e Agricoltura di Parma, Matricola degli esercenti commercio arti e industrie nel Comune di Parma (dal 1877 in avanti).
Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Le condizioni industriali di Parma (1890), ried. CCIAA, Parma-Bologna, Analisi, 1991, pp. 39-43.
BARILLA Riccardo, La storia della mia vita dal giorno che sono nato, mss. s.d. e Alla mia cara consorte ed ai miei cari figli, mss. del 14 dic. 1942, in ASB.
CASTELLI ZANZUCCHI Marisa, Piccola storia di un grande forno, in Barilla: cento anni di pubblicità e comunicazione. Milano, Pizzi, 1993, pp. 60-62.