Mulino Bianco Story

Valori della marca e immaginario collettivo

Nel dicembre 1975 vedeva la luce il nuovo marchio di prodotti da forno della Barilla: Mulino Bianco. Una “rivoluzione” nel mondo dei prodotti da forno perché a fianco di dolci di innegabile qualità, la comunicazione e l’intero apparato di servizio (forma, confezione, colori…) faceva leva, per la prima volta, sui temi della memoria, della nostalgia, del sogno e del coinvolgimento emotivo. Tutti elementi costantemente presenti nella comunicazione della marca, con l’utilizzo di un linguaggio trasversale a tutti i target. E se in principio era stato il libro ad aprire la comunicazione Mulino Bianco, a distanza di trent’anni le pagine della storia del Mulino propongono ancora quei valori che ne hanno fatto un dichiarato esempio di comunicazione globale: semplicità, dolcezza, un pizzico di stupore e di nostalgia.

Alle origini (1973-1975)

1973 – La guerra del Kippur tra i Paesi Arabi e Israele e il conseguente embargo petrolifero si rivelano uno shock per l’Occidente, che è costretto al razionamento del carburante e a “inventare” le domeniche senza auto.
L’inflazione scalpita, il Governo blocca i prezzi dei generi di prima necessità al consumo, fra cui anche la pasta, e le aziende produttrici devono affrontare i maggiori costi delle materie prime.
La Barilla, azienda essenzialmente monoprodotto, stretta in questa morsa, punta le sue energie sulla diversificazione, verso prodotti non sottoposti al prezzo controllato: nascerà così, dopo due anni di ricerche, la linea “Mulino Bianco”, destinata, in breve tempo, ad accogliere, oltre ai biscotti, merende, torte e pani, prodotti con ricette semplici e ingredienti naturali.

Storia di un marchio

1974 – Una volta identificata l’area di azione della nuova linea, si trattava di creare un sistema di comunicazione idoneo. Poiché, secondo una ricerca di mercato, il marchio Barilla si identificava, agli occhi del consumatore, solo con la pasta, venne deciso di studiare per i biscotti un nuovo marchio che proponesse i valori della tradizione: “le buone cose di una volta”.
Nasceva così il marchio “Mulino Bianco” frutto della combinazione di tre elementi:
– le spighe e i fiori, elementi espressivi della naturalità;
– la figura del piccolo mulino, evocatore della tradizione;
– il nome “Mulino Bianco”, sintesi dei valori di natura e tradizione nei due concetti di genuinità e salute.
Il lungo cammino di elaborazione del marchio Mulino Bianco fu contrassegnato da un’ampia ricerca di elementi grafici originali. Vecchie stampe ottocentesche, per lo più di area anglosassone, con immagini di mulini e fregi decorati da spighe di grano e fiori di campo, acquerellati con grazia e stampati in cromolitografia, hanno fornito l’ispirazione per l’elaborazione definitiva del logo. Combinando opportunamente al nome individuato dall’Azienda i vari elementi storici, psicologici e grafici raccolti in mesi di ricerche, lo studio Gio’ Rossi abbozzò il primo lay-out del marchio Mulino Bianco, realizzato, nella versione definitiva, dalla mano di Cesare Trolli, da una vita disegnatore e cromolitografo di confezioni di biscotti, che riprese con maestria lo stile grafico Art Nouveau.

Dall'Inghilterra a Mulino Bianco

La lunga storia delle confezioni di Mulino Bianco trae le sue origini dalla tradizione anglosassone per il tè. Il gruppo creativo di Dario Landò e Sergio Mambelli, chiamato all’elaborazione delle confezioni, dalla iniziale linea di Biscotti Barilla stile Biscuit House o Mary Ann, dalle citazioni e dai richiami all’Inghilterra, ritenuta l’ipotetica patria del biscotto, passa alle prime soluzioni marchiate Mulino Bianco, contraddistinte dalla presenza delle sagome dei biscotti. Ma sarebbe toccato a Gio’ Rossi individuare il display finale delle confezioni.
L’introduzione della confezione “a sacchetto” che richiama gli involucri dei fornai – pensata in occasione della visita della fiera alimentare di Colonia – darà l’aspetto definitivo alla linea, caratterizzata dalla tonalità gialla, suggerita a Gio’ Rossi dal ricordo del cioccolato bianco.
La bontà e la naturalezza del prodotto, poi, era ulteriormente sottolineata dalla ricetta, dagli ingredienti genuini, riportata da allora sul lato di ogni sacchetto.
Ma il cammino non poteva ancora dirsi concluso. Mentre l’esperto biscottiere inglese Edward George Maxwell elaborava decine di ricette per i nuovi biscotti con ingredienti rigorosamente naturali e senza alcun tipo di additivo o conservante, i due gruppi creativi lavoravano a definire forme e nomi. In un’epoca in cui i biscotti industriali somigliavano tutti a bottoni, inserire l’iconografia simbolica nella progettazione del prodotto costituì una vera rivoluzione. Ancora una volta vennero avanzate centinaia di ipotesi, dal rustico, al country, al naïf, e alla fine tra quelli proposti dal gruppo di Landò e Mambelli furono registrati ben 73 diversi formati con i relativi nomi.
I nomi, attinti ad un vocabolario antico, evocano tempi passati e atmosfere contadine. Tarallucci, Macine e Galletti divengono ben presto nomi di successo destinati a guidare imbattuti da quasi vent’anni le classifiche di biscotti del Mulino Bianco. Ma nascono anche i Rigoli, i Mugnai, le Campagnole, i Molinetti e le Pale, primi di una lunga serie di dolcezze.
I disegni e le forme dei biscotti, verificati sulla piccola linea sperimentale allestita segretamente presso un magazzino Barilla, dovevano risultare volutamente imprecisi, per dare l’immagine di un biscotto “non industriale”, ma nel contempo “funzionali”: dovevano cioè conservarsi integri lungo il processo di produzione, di imballaggio e di trasporto e giungere intatti al consumatore.
Dopo mesi di sperimentazioni nacquero finalmente i primi cinque biscotti della linea: Campagnole, Galletti, Molinetti, Pale e Tarallucci nella loro versione definitiva, pronti per il lancio al pubblico.
1975 – Il marchio appena nato, per le sue caratteristiche simboliche, parlava da sé. Era già, da solo, una vera e propria campagna pubblicitaria, sintesi di valori e di significati immediatamente percepibili. Fu così che il primo annuncio per i biscotti, elaborato da Dario Landò e Sergio Mambelli nel 1975, mostrava sul fondo giallo solamente i nuovi biscotti e il nuovo marchio.
Ma, ancora una volta, per giungere alla soluzione definitiva, numerose erano state le ipotesi avanzate e le strade esplorate, tutte centrate sui temi della genuinità, della rusticità e del ritorno in campagna, da “non far sapere” ai cittadini. Altre proposte per gli annunci stampa si ispiravano allo stile delle confezioni. Al centro dell’attenzione ancora le buone cose “di una volta” o “i sapori di campagna”.
Così, sull’onda del ricordo di una gioia da riscoprire Mulino Bianco cominciava a camminare.
Mulino Bianco era il punto di incontro di una lunga serie di intuizioni affinate da diversi gruppi di lavoro: dall’idea di genuinità e rusticità, alle ricette dagli ingredienti naturali, alle forme e ai nomi dei biscotti, alla scelta del sacchetto, al marchio e al colore dominante, caratteristiche che tuttora contraddistinguono tutti i prodotti della linea. L’armonia di tutti questi elementi, espressi in modo efficace dalla pubblicità, avevano rappresentato l’arma vincente per il lancio di un nuovo marchio che aveva cambiato tutte le regole del gioco. Così, quando il fiocco bianco di casa Barilla vide ufficialmente la luce, era già sufficientemente robusto per affrontare le sfide del mercato. Non erano anni fausti per il settore dolciario. Il quadro era a dir poco “allarmante”: Buitoni, Chiari & Forti, Plasmon, Pavesi, Lazzaroni e molte altre case produttrici o fallivano il lancio di nuovi prodotti, o languivano. Andò diversamente al Mulino Bianco che, già nel 1976, registrò un buon successo di mercato, raggiungendo la quota del 7%. La leadership di mercato nel settore dei prodotti da forno arriverà nel 1979, l’anno in cui Pietro Barilla (Parma, 1913–1993) riprende le redini dell’azienda di famiglia, ceduta nel 1971 alla multinazionale americana Grace, e l’incremento del fatturato del settore bakery salirà progressivamente per tutti gli anni Ottanta del Novecento raggiungendo nel 1986 i livelli del settore pasta. Un successo economico maturato in virtù della qualità dei prodotti e delle felici intuizioni nel campo della comunicazione.

Quando i mulini erano bianchi... (1975–1984)

1975 – Dopo due anni di studi e ricerche i primi annunci pubblicitari compaiono sulla stampa alla fine del 1975. Nel 1976 i Grissini e le Fette Biscottate Barilla diventano, fra apprensioni e speranze Grissini e Fette Biscottate del Mulino e la quota di mercato passa, in un anno, dal 15 al 20%.
Nel 1976 Mulino Bianco approda in TV con una serie di Caroselli-filastrocca all’insegna del “ricordo”. Inizialmente un pensiero era andato a Ella Fitzgerald, che con la sua voce intensa, le note melodiche di Moon River e la sua faccia scura, doveva fare da contrappunto al candore del Mulino: si ammalò, e non se ne fece nulla.
Ecco allora le dolci cantilene narrate dalla mamma, a rievocare un mondo che compare solo tangibilmente in poche spighe di grano. La musica — scritta da Franco Godi (Milano, 1940–) — richiama un po’ le note di Sayonara e accompagna i primi spots televisivi “disegnati” su verdi colline e cieli azzurri: l’avevano chiamata la Valle Felice. Una voce delicata pronunciò una parola nuova: “Ti ricordi quei buoni biscotti che sapevano di burro, di latte e di grano? Domani fermati al Mulino Bianco”.
Ma già la seconda serie — con lo “storico” spot del bambino a cavallo, ancora in bianco e nero — si colloca in un ambito rustico, attento al valore dei sentimenti. Col gennaio1978 — Carosello è ormai morto da un anno e “L’albero degli zoccoli” di Olmi uscirà di lì a qualche mese — ha inizio la lunga “saga” del mondo contadino, dalle atmosfere rarefatte che propongono e fanno assaporare il valore delle piccole cose.
“Quando i Mulini erano bianchi…” sembra l’inizio di una fiaba e mentre nella pubblicità televisiva i segni e i disegni, che paiono di un abbecedario, sfumano nelle scene di una arcana vita contadina, negli annunci stampa le singole lettere dell’alfabeto, quasi miniature ispirate ad antichi codici manoscritti, vengono circondate dai simboli degli ingredienti genuini: il burro per le Campagnole, le spighe per i Molinetti, la gallinella con le uova per i Tarallucci, la mucca col latte appena munto per i Rigoli
Il sistema di comunicazione Mulino Bianco ha consentito anche l’uso creativo e coerente degli oggetti promozionali, intimamente connessi all’ambito rappresentato dalla comunicazione pubblicitaria.
Così nel 1978 nacque il “Coccio” — umile scodella di terracotta — premio e mezzo di comunicazione al tempo stesso, capostipite di una lunga serie di regali: tazze, zuccheriere, biscottiere, bricchi, teiere, piatti vassoi e tovaglie, dall’inconfondibile fondo giallo e dai disegni un po’ naïf pensati per premiare la fedeltà dei consumatori. Questo segno evocatore del mondo contadino, dunque perfettamente in linea con la filosofia del marchio, giunse nelle case di ben sei milioni di famiglie italiane: un’operazione riuscita, poi confermata anche dagli altri regali (zuccheriere, biscottiere, bricchi, teiere, piatti, vassoi…) che arrivarono nel corso degli anni Ottanta, il decennio del gadget per eccellenza (lo stesso periodo delle Sorpresine, ben 650 tipi diversi racchiusi nelle indimenticabili scatoline tipo fiammiferi, che diventarono l’appuntamento prediletto dei più piccoli all’interno delle confezioni delle merendine).
Nel 1980 è la campanella che, in Tv come dalle pagine dei giornali, suona per avvertire la nascita di nuove bontà. Ai biscotti si affiancano le merende e si arricchisce la gamma dei prodotti da forno.
Nel 1983 vengono lanciati i Dolcetti delle Feste, golosi biscotti di pasticceria dai nomi suggestivi: Canestrini, Ciocchini, Baiocchi contenuti inizialmente nella esclusiva confezione a “torretta” appositamente progettata dai tecnici della Barilla e in un secondo tempo miniaturizzati e confezionati in sacchetti mignon..
Nel 1985 il felice posizionamento di Mulino Bianco e i mutamenti sopraggiunti all’interno dello specifico segmento di mercato, consentono il lancio di Sfoglia di Grano, i Crakers del Mulino, che si affermano per la naturalità degli ingredienti.

L'era dei sentimenti (1985-1989)

La seconda metà degli anni Ottanta vede una netta affermazione del marchio Mulino Bianco e la nascita di numerosi, nuovi prodotti: nel 1987 nascono i Pandolci e i Frollini Ricchi: Pan di Stelle, Ritornelli e Abbracci, questi ultimi caratterizzati dall’impasto bicolore.
Il sistema di comunicazione Mulino Bianco, centrato per più di dieci anni sul mito di un arcaico e sereno mondo contadino, si evolve con le nuove sensibilità sociali: nel 1987 si inserisce negli spot un personaggio dell’oggi: la Ragazza con la chitarra che canta le parole scritte e musicate da Bruno Lauzi (1937–2006) e presenta ora la vita dei campi in chiave più simbolica che realistica, più rappresentativa che narrativa. L’operazione, tuttavia, non riesce pienamente e l’agenzia Young & Rubicam abbandona lo scenario agreste per riproporre i valori e i sentimenti di quel mondo, nella realtà quotidiana.
Nel 1988 al classico Pan Carrè e alle Pagnottelle si affiancano i Pani Morbidi da tavola; vengono inoltre lanciati i Granetti, pani croccanti da tavola. Il 1989 vede la nascita di Grancereale, biscotto particolarmente ricco di fibre, e delle Camille, le gustose tortine di carote.

Una casa nel verde (1990-1994)

Dal 1990 l’agenzia Armando Testa, subentrata a gestire la comunicazione di Mulino Bianco, propone un serial pubblicitario legato alle avventure di una famiglia di oggi che lascia la città per “andare a vivere nel verde” in un antico mulino. Saranno così le avventure della Famiglia del Mulino: una mamma insegnante, un papà giornalista, un nonno e Linda e Andrea, narrate dalla regia di Giuseppe Tornatore (Bagheria, 1956–) sulle note orchestrate da Ennio Morricone (Roma, 1928–) a catturare l’attenzione e la simpatia di milioni di consumatori.
Il mulino di Chiusdino, in provincia di Siena, diviene scenario per la numerosa serie di spot con la Famiglia del Mulino ideata da Silvano Guidone, allora Direttore Creativo dell’agenzia Armando Testa, lanciata nell’estate del 1990. Anche gli annunci su stampa quotidiana e periodica sottolineano la naturalità degli ingredienti e gli aspetti nutrizionali di ogni prodotto.
Ancora nuovi prodotti: da Pangrì (1991), l’innovativo grissino dall’inconfondibile sapore di pane, ai Michetti (1992), al biscotto Cuor di Mela (1993), pastafrolla farcita con pezzetti di mela, vincitore del Vassoio d’Argento, premio per il miglior nuovo prodotto dolciario dell’anno.

La natura in città (1994-1999)

Dopo cinque anni la comunicazione si evolve nuovamente. Lasciata l’ormai prevedibile Famiglia del Mulino, si pensa di far ritorno in città, con la convinzione che alimentarsi in modo nutrizionalmente equilibrato consenta di recuperare la genuinità della natura anche nella frenetica vita metropolitana: dal comunicare un’atmosfera si passa a comunicare il prodotto. E così nel 1994 le piazze di Roma, Firenze, Venezia, Milano, Bologna e di tanti altri centri d’Italia, grazie ai prodigi dell’elettronica e alla fantasia del regista indiano Tarsem Dhandwar Singh (Punjab – India, 1961-) si tingono di verde, fiori e campi di grano per mostrare che chi mangia sano può trovare la natura anche a casa sua. Ecco dunque a Roma, padre e figlia partire per una passeggiata ideale che tocca il Pantheon, il Colosseo, Fontana di Trevi, Piazza Navona e Trinità dei Monti, in una città “invasa” dalla natura, con verdi piazze popolate di mucche e galline. Qua e là occhieggia il Mulino, riflesso nell’acqua della fontana di Trevi o nelle vetrine di un negozio. A Venezia, il Canal Grande e Piazza San Marco sono un “mare” di grano che affascina anche artisti come Vincent van Gogh e a Firenze, Santa Croce e Santa Maria del Fiore, Piazza della Signoria, gli Uffizi ed il Lungarno fanno da sfondo ad allegre pedalate campestri. Sono spot molto belli ed anche complessi, perché realizzati con tecnologia digitale, ma forse troppo raffinati per il pubblico.
Così dal ‘96 al ‘99, l’azienda opta per un ritorno al prodotto, sottolineando i vantaggi e la garanzia che la marca è in grado di offrire al consumatore. A vent’anni di distanza dalla nascita del marchio, il prodotto industriale non è più vissuto con diffidenza, anzi: si comincia a comprendere che è più sano, in grado di mantenere meglio le sue caratteristiche organolettiche e nutrizionali, e più igienico, perché maggiormente controllato rispetto al processo produttivo artigianale. Ha così inizio una nuova campagna pubblicitaria, volta a sottolineare gli attributi e le valenze qualitative e di servizio dei singoli prodotti del Mulino Bianco, attraverso brevi flash su piccoli fatti della vita quotidiana.
La colazione italiana, con il giusto apporto di carboidrati e fibre diviene importante argomento di comunicazione e i temi dell’educazione alimentare trovano spazio anche sulle confezioni, mentre vedono la luce nuovi prodotti dall’equilibrato apporto nutrizionale raccolti nella linea “Essere”.

Dalle favole alla quotidianità (2000-2006)

La campagna pubblicitaria, partita il 28 maggio 2000, con lo slogan «Mangia sano e vivi meglio», inizia con un libro di favole che si sfoglia e si veste anch’essa da favola: moderna, estrosa ed accattivante, ma ancora imperniata sulla memoria del “c’era una volta”. Una modernizzazione di quell’atmosfera fiabesca, ricca di pathos e qualità formale, che aveva caratterizzato il mondo agreste di “Quando i mulini erano bianchi…” nella prima comunicazione del marchio. Dopo una parentesi di alcuni anni centrata sui valori oggettivi di prodotto, Mulino Bianco non poteva non cercare di inserirli nuovamente in una cornice di spettacolo ed emozioni. E lo fa con un’idea originale, sviluppata dall’Agenzia Armando Testa: le nuove storie utilizzano la magia della favola per dare spazio alla fantasia. È solo nella zona franca della fiaba, infatti, che è possibile sospendere il trascorrere del tempo e conciliare passato e presente, tradizione e contemporaneità; rispettare la modernità del consumatore senza che la ricerca dell’originalità a tutti i costi faccia diventare l’immagine più forte della realtà. Soprattutto, senza che la creatività prevalga sulla concretezza del prodotto e della marca. Così lo spot per i Pan di Stelle rimanda a Mary Poppins, con una mamma che vola in cielo con l’ombrello per rubare un po’ di stelle ai suoi bambini, mentre quello per il Grancereale ricorda l’intramontabile fiaba di Cenerentola, con una sartina che arriva a sfilare in passerella. Una Biancaneve dei nostri giorni, invece, prepara la colazione per i suoi Sette Nani, nella pubblicità del Saccottino, ed una coppia travestita da Alice e Bianconiglio fa festa in un Paese delle Meraviglie, nel nuovo spot delle Fette Biscottate. Le favole moderne di Mulino Bianco, toccheranno, nel giro di un lustro, i più importanti miti dell’immaginario collettivo: da Gulliver al Piccolo Principe, da Alì Babà a Pinocchio.
Ma ancora una volta le trasformazioni sociali portano a rinnovare la comunicazione. L’elemento fiabesco che permeava la campagna del 2000 cede il passo: anche la realtà può essere “fantastica” se letta con occhi attenti.
Così nel 2004 Mulino Bianco cambia agenzia pubblicitaria e affida la propria comunicazione alla McCann-Erickson, che collabora al restyling del marchio e delle confezioni e lancia la nuova campagna “Riscopriti genuino”, che propone per un biennio, storie e pensieri “reali”, dove temi come equilibrio, semplicità e dolcezza sono ingredienti preziosi delle nostre giornate come di tutta la gamma di prodotti del Mulino. Per riscoprirsi genuini e vivere in un mondo più genuino.
Nella nuova comunicazione, la marca coglie i nuovi valori della società, non più legati alla ricerca del consenso, ma all’autorealizzazione personale, all’approfondimento di esperienze interiori di trasformazione: in una società che ha perso sicurezze (fiducia, tradizioni, semplicità), Mulino Bianco può aiutare a dare forma alla vita quotidiana. A conferma che le frontiere della qualità del prodotto si possono spostare fino a includere, non solo aspetti di servizio, ma anche significati di immagine. La nuova campagna di McCann-Erikson prende ispirazione da una serie di bisogni delle persone che, nel corso del tempo, rimangono veri e costanti: dolcezza, semplicità, equilibrio, ovvero la riscoperta nei prodotti, nelle persone, in noi stessi della genuinità, un ritorno ai valori e alle relazioni affettive fondamentali e vere della vita.
L’immagine di Mulino Bianco, insomma, viene riattualizzata in senso contemporaneo e resa meno fatata e più umana, per poter continuare a rimanere un classico. Protagonisti uomini e donne che commettono errori così come accade a tutti, bambini con grandi interrogativi e adolescenti alle prime esperienze sentimentali. Il tutto raccontato in chiave poetica, naturale, senza fronzoli. “Se ‘Dove c’è Barilla c’è casa’, dove c’è Mulino Bianco ci siamo tutti noi con le nostre vite piene di briciole e problemi non risolti”.
Nel 2005, proprio mentre Mulino Bianco taglia il traguardo dei trent’anni di vita, lo storico marchio viene ridisegnato e cambia la grafica del packaging di tutti i prodotti della linea. In Tv i nuovi spot della campagna “Noi e Voi”, che intrecciano storie di vita quotidiana con i prodotti, terminano con l’head line: “Scegli un mondo genuino”. Nei primi mesi del 2006 vede la luce anche l’Azione Origini, con la creazione di un biscotto a tiratura limitata e di una serie di iniziative promozionali, fra cui la realizzazione del “Nuovo Coccio” (una rivisitazione del classico Coccio, proposto con straordinario successo nelle raccolte a punti degli anni Ottanta), inserito in una confezione ispirata alle Sorpresine del Mulino. Per comunicare la ricchezza emotiva e i valori, rimasti costanti in trent’anni di storia del Mulino Bianco la promozione comprendeva anche un opuscolo illustrativo dedicato ai capisaldi del “Saper fare” Mulino Bianco: la genuinità, la selezione delle migliori materie prime, il rispetto per la natura. Temi che vengono ripresi nella campagna stampa, che sottolinea il posizionamento della marca nell’area della “buona genuinità” trattando temi quali il lavoro, la competenza, l’esperienza e la creatività e valorizzando le ricette attraverso le quali Mulino Bianco reinterpreta e rinnova la tradizione alimentare italiana. Gli annunci parlano di natura e salvaguardia dell’ambiente, di selezione degli ingredienti e controllo della qualità, di trasparenza e “artigianalità”.
Il sogno riprende però forza con il ritorno dell’Agenzia Armando Testa nel 2006, con il magico fornaio, immaginato dalla fantasia del regista premio Oscar Gabriele Salvatores (Napoli, 1950 –), che prepara la notte i fragranti prodotti del Mulino Bianco.
Un ritorno ai sentimenti si registra nel 2009 con la campagna “Il Mulino che vorrei”.
Dal 2012 al 2016 uno straordinario panettiere-inventore impersonato dall’attore spagnolo Antonio Banderas (Malaga, 1960-) in felice coppia con la gallina Rosita (straordinario automa animato) propone intuizioni e ricette all’insegna della qualità e della salute in un immaginario mulino dove il grano e i prodotti da forno vengono amati e rispettati.
E la saga continua con nuovi spunti e nuovi volti…

In quarant’anni di vita Mulino Bianco ha rivoluzionato il mercato dei prodotti da forno, lanciando specialità ancor oggi apprezzate, garantendo, attraverso un ferreo controllo di filiera, una qualità superiore; ha proposto – con il rilancio della prima colazione italiana – un modello alimentare equilibrato, in linea con la tradizione del nostro Paese; ha delineato un sistema di comunicazione divenuto caso di studio, costantemente in equilibrio fra mito e quotidianità, capace di donare ai consumatori sogni ed emozioni sempre nuove attraverso l’impegno di artisti di grande livello. Una storia italiana di tutto rispetto. Una storia che si rinnova ogni giorno…

 


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