Quando i mulini erano bianchi…

di Graziella Carbone

Ricordo il 1978, mi sembra ieri. Con emozione ripenso alla prima promozione del Mulino Bianco: una tazza da colazione, ispirata al mondo contadino e alle vecchie scodelle da caffelatte, alla quale fu dato il nome di Coccio, con colore e motivi decorativi nello stile della terracotta fatta a mano.
Le famiglie potevano ottenerlo ritagliando e applicando su una tessera i punti stampati sulle confezioni dei biscotti. I bambini stessi si sentivano coinvolti in queste operazioni. Chissà quanti hanno fatto questo gioco! Si facevano le raccolte a punti tutti insieme, così da giungere prima al traguardo del premio.
Credo si possa affermare che questa promozione-mito fu per tutti noi un oggetto di culto. 

Perché non accontentare anche i bambini? Sul fronte delle promozioni, il 1982 segna una novità importante: ai regali per la famiglia, si viene ad affiancare la lunga serie delle Sorprese Mulino Bianco, quei piccoli oggetti nella scatolina che appassioneranno tanti mini-consumatori in tutt’Italia.
La “mamma” di queste Sorprese, colei che le ideò e le seguì, passo dopo passo, nella loro evoluzione, si chiama Graziella Carbone ed è un’esperta di promozioni e giochi per bambini…
Nel nostro Paese, alla fine degli anni Sessanta nascono le prime agenzie di sales promotion: strutture che offrono al cliente imprenditore un servizio completo tentando di farsi largo in un mercato gestito in modo ancora autarchico dalle aziende, oppure affidato alle agenzie generali di pubblicità. Ma è solo dal 1979, quando viene costituita a Milano l’ASP (Associazione Italiana Agenzie di Sales Promotion), che raduna le principali agenzie del settore operanti in Italia, che il mercato delle promozioni raggiunge il pieno sviluppo, in senso sia quantitativo che qualitativo. Il settore si professionalizza passando da un utilizzo tattico o d’emergenza della promozione a un suo impiego strategico. L’oggetto promozionale si carica, così, di una forte valenza comunicativa: contribuisce a creare o rafforzare l’immagine di marca, a identificare il prodotto, a spingere alla fedeltà il consumatore. Piccolo o grande che sia.

Le promozioni nel DNA
Ho iniziato a occuparmi di promozioni nel 1978 racconta Graziella Carbone quando sono diventata amministratore unico di una società di mia proprietà, la CIN. Prima ero stata Capo Ufficio Pubblicità e Merchandising di un’azienda di elettrodomestici di alta qualità. La mia famiglia già si occupava di promozioni: i miei zii, quando ero bambina, lavoravano per la Perugina: dipingevano a mano le scatole dei cioccolatini, realizzavano i volants, le carte… Nel loro laboratorio milanese dove mi portava la nonna io sono nata a Bergamo ho “paciugato” per anni, attratta da questo mondo. Gli altri miei zii, invece, lavoravano per la Rinascente e creavano tutti i piccoli oggetti da inserire nei frigoriferi e nelle cucine delle bambole adesso realizzati in plastica, un tempo in gesso dipinto. Inoltre, per tanto tempo mia madre ha aperto e gestito un atelier di vestiti per bambole e mia sorella, ancora oggi, crea gli addobbi delle vetrine a Natale. Ho assorbito, in sostanza, la loro fantasia e la loro cultura del gioco e del giocattolo. Quando mi domandano quale curriculum abbia, di solito rispondo che la cosa veramente utile nella mia storia è stato l’asilo! Perché ho ricevuto una formazione legata alla manualità e al divertimento, che mi è servita per tutta la vita. Per non parlare, poi, della quantità incredibile di corsi che ho frequentato e frequento: dalla ceramica agli origami, dal ricamo alla cucina creativa. E poi gioco spesso con i bambini, andando nelle scuole elementari, perché mi danno preziose indicazioni per le mie invenzioni: così posso comprendere ciò che li fa divertire. È un lavoro appassionante, il mio, in cui non si stacca mai, che assorbe completamente le energie, in ogni momento della giornata. Molti giochi nascono da un’associazione della mente, per cui devo sempre essere concentrata: non a caso, giro con un blocco in tasca per prendere appunti e ne tengo uno pure sul comodino, perché ho spesso dei flash notturni, delle intuizioni oniriche.

Agli albori delle promozioni
La mia avventura nel mondo della promozione Barilla ebbe inizio negli anni Ottanta. All’epoca non si sapeva ancora molto delle attività promozionali, se non che l’oggetto doveva possedere determinate caratteristiche. Andavamo nelle aziende, facevamo una presentazione del nostro lavoro e poi ritiravamo il brief della Società, con indicati target, budget, quantità e caratteri dell’operazione se la promozione era in pack o on pack, ad esempio. A questo punto, facevamo delle riunioni in cui si decideva di sviluppare un settore piuttosto che un altro. Si preparavano degli schizzi dell’oggetto progettato o individuato e su questo si iniziavano a fare le quotazioni. Spesso erano oggetti che già esistevano in commercio, ma molto spesso non esistevano ancora ed erano da inventare e realizzare. Una volta ottenuti i costi indicati dal produttore, si tornava dal cliente che sceglieva se far realizzare l’oggetto e mandarlo in produzione. Noi, allora, lo progettavamo nel dettaglio, ne studiavamo la fattibilità e seguivamo la produzione, individuando fornitore e confezionatore.

Le sorprese in scatola per Mulino Bianco
Già collaboravo con Barilla dal 1981. Per l’azienda avevo realizzato un ricettario legato alla pasta e una grande operazione promozionale, in collaborazione con il Corpo Forestale della Toscana, inviando a tutti i panettieri d’Italia all’epoca 17 mila! un albero di Natale vero, di piccole dimensioni e addobbato con tutte le sue lucine. Nell’82 nacque l’esigenza di trovare dei fornitori per la promozione in pack “Sorpresine per giocare”, legate al marchio Mulino Bianco, che sarebbe stata lanciata nello stesso anno. L’idea di avere una scatolina simile a quelle dei fiammiferi di legno, dentro cui mettere la Sorpresina, era stata di un’agenzia di Piazza Castello a Milano, la Progress Consultant ed era stata “vestita” dall’agenzia di pubblicità che seguiva allora Mulino Bianco: la Troost, Campbell, Ewald.

Siamo nei primi anni Ottanta e in cucina i piani cottura non hanno ancora l’accensione automatica del gas. Idem dicasi per i forni.Quindi per preparare la colazione, il pranzo e la cena e magari una torta squisita per merenda era indispensabile avere a portata di mano… una scatolina di fiammiferi di legno. La scatolina dei fiammiferi rappresentava così l’oggetto-simbolo, sempre protagonista dei vari momenti in cui tutta la famiglia si riuniva per condividere il piacere di stare insieme.Inoltre in Italia e all’estero, soprattutto in Inghilterra ed in Svezia (patria della scatola di fiammiferi detti svedesi di cui stiamo raccontando), i collezionisti avevano già da tempo iniziato le raccolte delle scatoline con stampate sul fronte immagini pubblicitarie.Per queste ragioni Mulino Bianco scelse questa forma come contenitore delle Sorpresine, con l’intento di rappresentare un oggetto che fosse d’uso in famiglia e con la speranza che queste scatoline potessero diventare, nel tempo, oggetti da collezione.

Le scatoline venivano stampate da un’unica azienda vicino a Reggio Emilia e da questa poi consegnate ai confezionatori.Producevano ad alto ritmo (circa 10.000 pezzi l’ora), sia per una questione di volumi in termini di tempi di consegna che di costi.

Alla mia agenzia arrivò, dunque, una richiesta precisa: le sorprese dovevano essere assolutamente in linea con la strategia di Mulino Bianco, appetibili per i bambini, naturali, in grado di suggerire il piacere di stare insieme, essere personalizzate e le più varie possibili. Inoltre, caratteristica per cui io mi sono sempre battuta, dovevano essere oggetti che il bambino poteva portare con sé a scuola o in cortile, per poterci giocare insieme agli amici o per scambiarli con qualche altro oggettino della serie. Quest’aspetto stimolava la collezionabilità degli oggetti… Per questo tre anni dopo, nel 1985, abbiamo anche realizzato il Maxi-Sorpresiere per dar modo ai bambini di mettere le varie Sorpresine in un contenitore unico.

Per i bimbi più coinvolti nella collezione, raccogliere le sorprese del Mulino Bianco è stata anche un’occasione di competizione intellettuale e creativa, come se avessero collezionato oggetti d’arte o manufatti d’incommensurabile valore culturale. Come accade ai grandi collezionisti, la loro avventura è stata segnata da momenti di euforia, di impegno per completare la loro raccolta e gioia per aver finalmente agguantato un pezzo che attendevano. E ciascuno di loro, via via che la collezione si sviluppava e i pezzi aumentavano, si è trasformato, come qualsiasi altro collezionista, da iniziale amatore a dilettante informato, sino a diventare, grazie alle conoscenze acquisite nel campo specifico delle Sorprese Mulino Bianco, un vero e proprio esperto. La collezione ha anche mantenuto vivo, per otto anni, quel desiderio, quel brivido quasi magico, di aprire la confezione di merendine, a caccia della Sorpresa mancante o che si vorrebbe assolutamente trovare, a seconda che la propria raccolta sia nata per passatempo o per autentica passione.