Il Cantante di Jazz (1930)

di Giancarlo Gonizzi

Pioveva. Lo ricordo ancora, a distanza di tanti anni, come un diluvio. Avevo preso il treno a Parma diretto a Genova. Era novembre inoltrato e faceva freddo. La campagna semiallagata per le abbondanti piogge metteva malinconia.
Dopo quasi tre ore di viaggio ero giunto in Liguria. Speravo che, aldilà dell’Appennino, il tempo fosse migliore. Niente da fare. Un muro d’acqua. Il taxi mi aveva portato a destinazione: un antiquario incontrato poche settimane prima in fiera a Parma, che aveva rilevato un campionario delle Industrie Grafiche Zafferri di Parma. In fiera aveva numerosi bozzetti a matita di locandine degli anni Venti-Trenta del Novecento: le avevo osservate con attenzione, ma nulla che potesse essere collegato a Barilla.
Avevo chiesto da dove venissero: non era un archivio aziendale, ma quello di un disegnatore di Parma, Raoul Allegri (1905-1969). Diplomatosi brillantemente all’Istituto d’Arte “Paolo Toschi”, nel 1928 aveva aperto lo studio “Allegri Pubblicità” in via Vittorio Emanuele 133 dove, prima di dedicarsi all’insegnamento, lavorò per un decennio, realizzando annunci pubblicitari per Borsari, etichette per OPSO, manifesti per il VOV Pezziol e per le calzature Zanlari, comunicati per diverse aziende conserviere parmensi, prevalentemente stampate dall’Officina Fratelli Zafferri, con cui aveva uno stretto rapporto di collaborazione.
Ferdinando Zafferri aveva introdotto la tecnica della stampa litografica a Parma tra il 1899 e il 1900. I nipoti Gaetano e Alberto avevano dato enorme sviluppo all’attività e si erano trasferiti strategicamente in Palazzo Mantovani, in piazzale della Stazione, dove facevano lavorare un centinaio di operai. Le industrie Grafiche Fratelli Zafferri si erano affermate a livello nazionale (la ferrovia a pochi metri aiutava) nel settore della stampa commerciale, producendo etichette e confezioni per numerosi pastifici italiani: oltre a Barilla, anche Amato, Braibanti, De Cecco e Voiello.

Allora la “Réclame” – così era chiamata la pubblicità – funzionava in modo assai diverso da oggi: i disegnatori inventavano una immagine capace di colpire, la preparavano senza marchio e poi la offrivano ai potenziali clienti. Solo dopo l’acquisto sarebbe stata personalizzata.
Allegri, che lavorava da tempo con Zafferri e conosceva il “giro” di pastifici che l’azienda grafica aveva, aveva predisposto una locandina di promozione della pasta davvero inusuale. L’antiquario, che in fiera ricordava solo di avere a casa qualcosa di Barilla, me l’aveva poi descritta al telefono lasciandomi trasecolato: un negro che mangia gli spaghetti, con la scritta Barilla in lettere rosse e gialle. E non era un bozzetto, come quelli che avevo visto in fiera, ma un cartello da vetrina stampato in litografia. Quindi una locandina effettivamente prodotta. Nessuna traccia nelle fotografie e nella documentazione superstite dell’Archivio Storico. Di cosa si trattava? E’ vero che Barilla esportava nelle colonie italiane, in Africa Orientale, ma davvero questo soggetto era particolare. Con questi pensieri in testa raggiunsi la mia meta. Nonostante l’ombrello, i pochi metri fra il taxi e il portone mi garantirono una doccia gelata. L’antiquario mi aiutò gentilmente ad asciugarmi. Poi mi mostrò la locandina: étonnante – stupefacente, come dicono i Francesi – nella sua semplicità. Dal fondo nero emergono solo gli occhi, due labbra rosse e una mano in guanto bianco che regge una forchettata di spaghetti dorati (foto 1). Avevo meritato il viaggio. Il povero antiquario – probabilmente avevo l’aspetto di un pulcino bagnato – volle accompagnarmi al treno con la sua auto per salvarmi da una nuova e più robusta doccia. E l’acqua mi fu compagna fino al rientro a Parma, a notte inoltrata mentre la mia mente veniva cullata da un motivetto dalle assonanze jazz…

Ma ciò che scopersi dopo, studiando quell’immagine, fu davvero sbalorditivo. Il 6 ottobre 1927 l’industria cinematografica americana aveva fatto decollare il sonoro nei film, che fino ad allora erano muti e accompagnati, dal vivo, da un pianista che evidenziava in diretta i passaggi più drammatici mentre cartelli con brevi frasi scandivano le battute degli attori. Ora la tecnologia permetteva di ascoltare direttamente la voce dei protagonisti. Il primo film “sonoro” della storia del cinema fu The Jazz Singer (foto 2) di Alan Crosland: Il cantante di Jazz, interpretato dall’attore e compositore di origini ebraiche Al Jolson (1886-1950), (foto 3) truccato da cantante di colore (foto 4). Poche battute parlate e nove canzoni riuscirono a salvare la Warner Bros, la casa produttrice, dalle difficoltà economiche del momento. E anche la storia voltava pagina. Così quella figura sarebbe rimasta, come icona, nell’immaginario collettivo, ripetutamente ripescata, decennio dopo decennio, dal cinema, dal varietà e dalla pubblicità, che la attribuì, volta a volta, a situazioni e prodotti diversi, facendola giungere fino ai nostri giorni.
La pellicola – avrei scoperto grazie all’aiuto di Peppino Calzolari (1924-2017), storico del cinema locale – era stata proiettata a Parma il 9 marzo 1930 al Supercinema Orfeo con un successo senza precedenti, data la novità del sonoro, ed è probabilmente sull’onda di quell’avvenimento, che il pittore, con poche macchie di colore ben assestate, dichiarò il suo entusiasmo per la moda degli anni ruggenti: nell’accoppiata con la pasta Barilla, oltre all’eco del mito americano, si intuisce un omaggio alla modernità e alla internazionalità dell’industria parmigiana.

Un pezzo di storia che si inserisce, in maniera straordinaria, nella storia secolare di Barilla. E nonostante l’acqua a catinelle, eravamo riusciti a riportarla a casa…