Storia Braibanti

Il Pastificio Braibanti di Valera (Parma)

Ubaldo Delsante

All’indomani dell’unità d’Italia, il giudice e notaio dottor Giuseppe Braibanti 1, personaggio noto in città con l’affettuoso diminutivo di Peppo, possedeva a Valera un mulino su di una derivazione del canale Naviglio Taro, le cui acque defluivano poi nel cavo Abbeveratoia e si univano più a Nord nel canale Galasso. Il canale Naviglio Taro era un’idrovia assai antica, eseguita forse prima del Mille. Originariamente nasceva dal Taro a Ozzano, poi, nel corso dei secoli, a causa di erosione della sponda destra, venne costruito l’attuale incile a Oppiano. Esso seguiva la strada che dal guado del Taro, in comunicazione estiva tra Collecchiello e la zona di Noceto e Medesano, conduceva alla città attraverso Vicofertile.
Lungo il corso del canale erano posti diversi mulini, tra i quali appunto questo di proprietà del Braibanti, che lo gestiva, sembra, attraverso un affittuario, certo Resega.
Era un mulino antichissimo. In una carta topografica dei primi del Seicento ed in varie perizie tecniche, eseguite dall’ingegnere parmigiano Smeraldo Smeraldi (1553-1634), è indicato semplicemente come mulino, con i nomi dei proprietari o affittuari. Tuttavia in altre mappe della fine dello stesso secolo e del secolo successivo, l’opificio è denominato “Pista della polvere”, segnalando che qui veniva effettuata la fabbricazione della polvere da sparo, un’attività piuttosto redditizia, all’epoca, poiché godeva della privativa concessa dal duca di Parma. Il meccanismo di macinazione variava, ovviamente, rispetto a quello per i cereali. La ruota idraulica riceveva un movimento rotatorio e lo comunicava ad un albero di sezione ottagonale, nel quale erano infissi dei legni detti speroni. Questi, girando solidali all’albero, facevano salire e scendere violentemente delle travi verticali dette pestelli sopra a delle bacinelle dove erano posti blocchi di carbone di legna, che così si frantumavano e si riducevano in polvere. Il carbone macinato, mescolato poi a zolfo e salnitro, in proporzioni stabilite e con le dovute cautele per evitare indesiderate deflagrazioni, diventava la polvere da sparo. Non sappiamo se questa attività, che parrebbe a prima vista incompatibile con quella di macinazione dei cereali, fosse alternativa o coesistente, magari in ambienti vicini, ma separati. E’ noto del resto che in altri centri molitori nei dintorni della città, a Mariano e ai Mulini Bassi soprattutto, la macinazione del grano era svolta in parallelo con segherie, cartiere, tessiture, gualchiere e altri opifici, dato che sul salto dei canali potevano essere installate diverse ruote idrauliche in serie 2.
Poiché fin dai primi anni dell’Ottocento la fabbricazione della polvere era in crisi e, nel Parmense, ristretta all’impianto di Montechiarugolo, è probabile che il mulino di Valera sia ritornato alla sua attività originaria di macinazione dei cereali.
In una mappa che si conserva nell’archivio della Società del Canale Naviglio Taro, eseguita intorno al 1911, il mulino appare con la dicitura ancora di Resega, ed a fianco risulta posta una platea o bocchello per l’estrazione dell’acqua ad uso irrigatorio per i campi allora qui esistenti ed oggi prevalentemente conurbati. L’edificio del mulino è attualmente inglobato e trasformato, quindi non più riconoscibile, nella palazzina in stile Liberty 3 ad uffici del pastificio ed abitazioni. Fino a non molti decenni fa, nella zona appena a valle del mulino vi era un impianto per la cottura delle ossa, finalizzato alla produzione di sapone o forse di candele e torce a vento, detto perciò ossèra 4.
Il già menzionato dott. Giuseppe Braibanti, che era senza eredi, adottò un trovatello, Ennio Enniopi, nato il 15 settembre 1860 e affidato dall’Ospedale della Misericordia ad una vedova residente in città, in borgo Retto. Il giudice ne intuì le doti intellettuali e lo avviò agli studi superiori. Enni Braibanti – ormai si chiamava così – si laureò in ingegneria e poté applicare le sue competenze ad uno specifico ramo delle proprietà paterne: il Pastificio Braibanti installato nel vecchio mulino di Valera.Segnalato per la prima volta nei bollettini della Camera di Commercio nel 1870 – e questa è la data che convenzionalmente è riconosciuta quale inizio dell’attività del pastificio ma potrebbe essere considerato anche come un terminus ante quem – il Pastificio cresce e si ingrandisce sotto la guida di Ennio, che finirà per dare il nome sociale all’attività.
Nel 1890, all’epoca dell’indagine statistica svolta dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, la ditta non risulta tra le industrie menzionate già mosse da impianti meccanici, per cui si può ritenere che la lavorazione avvenisse ancora manualmente. Nel 1910 produceva 10 q.li di pasta al giorno con una quindicina di dipendenti e vendeva prevalentemente nelle province di Piacenza, Brescia e Verona. Nel 1912 la Braibanti produce anche paste all’uovo e le diffonde pure nelle province di Cremona e del Veneto 5. Le macchine per la produzione erano mosse da un impianto idroelettrico, probabilmente in qualche modo derivato dal preesistente mulino. Lo sviluppo dello stabilimento è dimostrato dalla circostanza per cui la ditta, nel 1919, chiese l’iscrizione al servizio antincendio dei vigili del fuoco.
Il nome dell’ing. Ennio Braibanti (Parma, 15.9.1860-23.1.1898), figlio di Giuseppe, nei registri della Camera di Commercio risulta a partire dal 1895 e, dal 1899, quello della moglie, Margherita Finella (Parma, 5.2.1871-25.7.1943). L’ing. Braibanti si interessò anche di edilizia e fu consigliere comunale tra le file dei democratici-repubblicani e assessore ai lavori pubblici nel 1889-1890 6.

I figli nati dal matrimonio tra Ennio Braibanti e Margherita Finella, Mario e Giuseppe, entrambi laureati in ingegneria, inizieranno a Milano un’attività di progettazione di macchine per pastifici.
Rimasta vedova a soli 27 anni, Margherita si risposò ben presto con il geom. Umberto Pizzetti (Parma, 24.4.1878-7.7.1953), da cui a sua volta ebbe prole, ed a questo ramo della famiglia spettò il compito di proseguire l’esercizio del pastificio, che mantenne peraltro il vecchio nome dell’ing. Ennio Braibanti, sempre nello stesso luogo e negli stessi locali, più volte ristrutturati e ampliati nel tempo, dell’antico mulino di Valera, dapprima indicato in via Volturno n. 41 ed ora n. 61. Nella Guida commerciale del 1913, la pagina pubblicitaria del pastificio reca, in basso, un disegno nel quale lo stabilimento appare già ben sviluppato, con tre corpi di fabbrica di tre piani fuori terra inframmezzati da due fabbricati più bassi e più lunghi ed un cortile dove si muovono carri e automezzi 7.

Del periodo fino alla seconda guerra mondiale rimangono pochi documenti; i dati della produzione e del personale impiegato sono noti soltanto in via saltuaria e non consentono di tracciare un andamento dell’attività nel tempo. Certo è che il pastificio Braibanti cercò sempre di specializzarsi in prodotti di qualità elevata, di élite, presentati in confezioni ricercate ed eleganti, da vendersi prevalentemente in altre città. Dalla fabbrica dipendeva un negozio in città, posto al n. 28 di via Farini.
Si conservano la medaglia d’oro e il diploma della fiera di Tripoli del 1927, un catalogo della produzione di quegli anni, un calendario dove il marchio della fabbrica è rappresentato da una ragazza che reca una rosa rossa sulla fronte: bellissimo ritratto, molto allusivo ed accattivante 8.
In tempi successivi si fece ricorso a vari cartellonisti di fama (Giorgio Tabet, Comacini, Gian Rossetti) per la realizzazione di apparati pubblicitari. I testi dei ricettari vennero composti dallo scrittore parmigiano, collaboratore del Corriere della Sera, Mario Gandini.
Nel catalogo in vigore fra le due guerre 9 si possono riscontrare taluni formati (denominati gnocco, abissini, noccioline, mughetto, pipetta), che si richiamano non soltanto alle conquiste coloniali o alla flora (come se si trattasse di profumi, con allusione quindi al ricercato), ma soprattutto, nel design, agli elementi decorativi in uso nell’architettura dell’epoca.
Il menzionato catalogo ad uso dei rappresentanti e venditori elenca paste tagliate, paste lunghe, paste a matasse, pasta sfoglia (che consentiva alla donna di casa di preparare più celermente tortellini, cappelletti ed altre paste ripiene), paste speciali sottilissime e le eleganti confezioni in sacchetti di tela e di carta, che la ditta cercava di diffondere in un’epoca in cui non era ancora cessato per legge il non troppo igienico uso della pasta sfusa.
Utilizzando le macchine progettate dallo studio milanese dei Braibanti e in una certa misura eseguite in officine di Parma, nei primi anni Trenta del Novecento il pastificio poté dotarsi di una moderna linea continua di produzione, nella quale, radiate le vecchie gramole e i torchi, tutte le operazioni avvenivano automaticamente, compreso lo stendimento della pasta sui telai per l’essiccazione, in precedenza eseguito a mano. La produzione giunse a toccare i 150 quintali di pasta al giorno.
Negli anni 1946-47 e nuovamente alla fine degli anni Sessanta, lo stabilimento venne più volte ampliato e rimodernato. L’organizzazione produttiva venne sviluppata su due piani: la produzione e il confezionamento al primo piano, e i magazzini e il reparto spedizioni al piano terra. La produzione, che negli anni Cinquanta era di circa 400/500 q.li al giorno, negli anni Settanta venne raddoppiata. Il 40% della produzione era venduta in Italia ed il resto all’estero, specialmente Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Francia, Norvegia ed Estremo Oriente.
Nel 1952, in collaborazione tra il pastificio e la casa di progettazione, sorse a Parma, ma successivamente trasferito a Rovereto, il Centro Sperimentale Braibanti con finalità di ricerca su materie prime e tecnologie, allo scopo di migliorare la qualità e garantire l’igienicità del prodotto.

Nel 1987 la famiglia Pizzetti decise la cessione dell’azienda, che entrò a far parte del Gruppo Barilla 10.

 


Giuseppe Braibanti era pretore di San Pancrazio: Almanacco di Corte per l’anno MDCCCLII,  Parma, Tip. Reale, 1852, p. 385; dallo stesso Almanacco risulta che Enrico Braibanti era pretore supplente della Pretura Parma Sud (p. 383) e Luigi Braibanti esattore delle imposte di Vigatto (p.522); due sorelle gemelle Braibanti, nel 1842, presero parte ad una recita nel Teatro Ducale di Colorno: CIRANI Paola, Musica e spettacolo a Colorno tra XVI e XIX secolo, Parma, Ed. Zara, 1995, pp. 104, 119. Si trattava dunque di una famiglia della borghesia vicina alla corte ducale.


Sul mulino di Valera detto poi “Pista della Polvere” v. le mappe: S. Smeraldi, Corso del canale Naviglio del Taro20 maggio 1618, Archivio Storico Comunale; anonimo del sec. XVII, Pianta dei canali della città di Parma, in Archivio di Stato di Parma, racc. Mappe e Disegni, vol. 12 n. 75; e inoltre diverse mappe della battaglia di S. Pietro, del 29 giugno 1734, presso la racc. della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza.In una relazione dei primi dell’Ottocento, nel momento di transizione tra la soppressa Congregazione dei Cavamenti e il nuovo Ufficio d’Acque e Strade, si conferma la minore importanza della Pista della Polve (sic), ancora di ragione della Camera Ducale, che trae l’acqua dal canale Naviglio Taro e si propone, senza però insistere troppo data appunto la crisi della fabbrica, di utilizzare, nel caso in cui l’acqua del Naviglio non bastasse, quella del canale Baganzale che, proprio in corrispondenza della Pista della Polve, attraverso un apposito condotto, passava sotto il canale Naviglio Taro: Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi, Biblioteca, MSS 15.


3 MARCHESELLI Tiziano, Le strade di Parma, III, Parma, Benedettina, 1990, p. 220. L’ampliamento e la trasformazione dell’edificio ebbero luogo negli anni Trenta del Novecento, sulla base di un progetto redatto dall’ing.Giorgio Levi di Milano, eseguito dall’impresa R.E. F.lli Colla di Parma sotto la direzione tecnica dell’ing. Giuseppe Braibanti, come risulta dalla licenza edilizia rilasciata dal podestà di Parma Mario Mantovani il 21 marzo 1932. Il disegno dei prospetti corrisponde alla situazione attuale: Archivio Storico Comunale, Licenze di fabbrica, 1932.


Potrebbe trattarsi del similare opificio, segnalato come esistente prima del 1880. «Pochi anni or sono, era sorta nelle vicinanze di Parma una fabbrica di concimi artificiali, ove si macinavano tutte le ossa fornite dalla città: ma la poca richiesta costrinse i fabbricatori a rinunciare alla speculazione»: BARBUTI Francesco, Monografia  dell’agricoltura parmense, Parma, Tip. G. Ferrari, 1880, p. 84.


Notizie ed osservazioni sullo svolgimento del Commercio e delle Industrie nel Distretto della Camera di Commercio e d’Arti della provincia di Parma, Parma, 1911, p. 29; Fabbricazione delle paste alimentari, in Bollettino della Camera di Commercio e Industria di Parma, n. 8, agosto 1913, p. 7; Il pastificio Braibanti, in «Corridoni nel XXVI annuale della morte», n.s., Parma, Tip. G. Ferrari & F., 1941, p. 44; CORTELLINI Luigi, Parma. Industria e commercio, Parma, Ed. Lodi, 1953, p. 10; CAPRA Rita, L’industria a Parma (1860-1915), I, in «Parma Realtà», 14 (1972), p. 53; Profilo della Braibanti, in «Parma Economica», giugno 1980, pp. 53-59; BARBUTI Patrizia, La formazione dell’industria nel Parmense, tesi di laurea, Università degli Studi di Parma, Fac. di Economia e Commercio, a.a. 1981/1982, rel. prof. SAVI Franco, pp. 79, 80; CORETTI M.F., La Braibanti di Parma. Da 112 anni prospera controcorrente, in Panificazione & Pasticceria, Milano, (12)1983, pp. 69-75; SAGUATTI Alessandro, Le origini della formazione di un polo agro-alimentare nella provincia di Parma, in  «Parma Economica», 2 (1994), p. 26; Id, Parma fra le due guerre nel quadro delle vicende economiche nazionaliIbidem, p. 41; PERGREFFI Iacopo, L’industria del pomodoro a Parma tra la fine dell’Ottocento e la seconda guerra mondiale, Reggio E, Tecnograf, 1994, p. 37; SALTINI Antonio, Tra terra e mare la capitale del commercio alimentare, Bologna, Avenue Media, 1994, pp. 40, 85, 89; PRETI Alberto, Processi di industrializzazione in Emilia e in Romagna nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, in Fondazione “Andrea Costa”, Le elezioni del 1889 e le amministrazioni popolari in Emilia-Romagna, Torriana (Fo), Sapignoli ed., 1995, p. 24; DELSANTE Ubaldo, Un insediamento produttivo secolare del Parmense: il mulino, poi pastificio Braibanti di Valera, in «Parma  Economica», 3 (1995), pp. 57-60; FARINELLI Leonardo, PELOSI Gianluca e UCCELLI Gianfranco, Cento anni di associazionismo industriale a Parma. Ricerca e analisi, Parma, Silva Ed., 1996; GONIZZI Giancarlo (a cura di), Parma anni Cinquanta. Avvenimenti Atmosfere Personaggi, Cat. della mostra, Parma, PPS ed., Artegrafica Silva, 1997, pp. 130, 142-143; MARCHESELLI Fabrizio e Tiziano, Dizionario dei Parmigiani, Parma, Tip. Benedettina, 1997, pp. 69, 250; DALL’ACQUA Marzio (a cura di), Enciclopedia di Parma. Dalle origini ai giorni nostriMilano, FMR, 1998, pp. 173-174, 176, 541; RE Stefania, Dottoresse o amabili donnine? Istituzioni scolastiche a Parma e ruolo sociale delle donne, Parma, Battei, 1999, p. 28; SERVENTI Silvano e SABBAN Françoise, La pasta. Storia e cultura di un cibo universale, Roma-Bari, Laterza, 2000, p. 199; VANIN Monica, Vita economica e sociale a Parma tra pace e guerra (1937-1943). Percorso critico tra fonti d’archivio e documenti di costume, in «Storia e Documenti», n. 6, Parma, Grafiche Step, 2001, pp. 43, 58.


6 SORBA Carlotta, L’eredità delle mura, Venezia, Marsilio, 1993, pp. 114, 191, 193, 233; GIUFFREDI Massimo,  Le elezioni del 1889 a Parma: gruppi, programmi, uomini, in Fondazione “Andrea Costa”, Le elezioni del 1889 e le amministrazioni popolari in Emilia-Romagna, cit., pp. 378, 394.


7 PELICELLI Nestore, Guida commerciale di Parma e Provincia. Parma, Fresching, 1913, p. 241; LASAGNI Roberto, Dizionario biografico dei Parmigiani, III, Parma, PPS, Grafiche Step, 1999, p. 968.


8 Tra i riconoscimenti pervenuti in tempi più recenti, che testimoniano il carattere di qualità della produzione Braibanti e che sono gelosamente custoditi presso la famiglia Pizzetti, possiamo ricordare un album di poesie del poeta parmigiano in dialetto e in lingua Renzo Pezzani, una rima romanesca del famoso attore-buongustaio Aldo Fabrizi, nonché lettere di un emigrato parmigiano che si faceva inviare la pasta in Venezuela, Ugo Ugolotti (collaboratore della Gazzetta di Parma), del gastronomo Luigi Carnacina e del Re di maggio Umberto II da Cascais.


9 Archivio Storico Barilla, O, buste Braibanti.

10 GALLO Giampaolo, COVINO Renato e MONICCHIA Roberto, Crescita, crisi, riorganizzazione. L’industria alimentare dal dopoguerra a oggi, in CAPATTI Alberto, DE BERNARDI Alberto e VARNI Angelo, Storia d’Italia. Annali 13. L’alimentazione, Torino, Einaudi, 1998, pp. 293, 294, 296.