Gianni Barilla

Parma, 6 luglio 1917 – Ginevra, CH, 4 gennaio 2004

Giovanni Barilla nasce a Parma il 6 luglio 1917, ultimo dei figli di Riccardo e Virginia Fontana. Dotato di un fisico atletico e longilineo, si distingue nella squadra di calcio del liceo nel ruolo di mediano destro, “di spinta”, come si dice in quegli anni, una caratteristica che ben presto trasferisce dal terreno di gioco alla fabbrica. Dopo gli studi classici presso il “Maria Luigia” di Parma, si iscriverà alla facoltà di chimica dell’Università di Bologna, ma, abbandonati gli studi a causa del conflitto bellico, si dedicherà interamente al lavoro, affiancando prima e sostituendo dal 1947 il padre Riccardo.

In piena guerra, nel 1941, Gianni Barilla si era sposato con Gabriella Dalcò (Firenze, 1920), dalla quale avrà tre figli: Riccardo (nato nel 1942 e prematuramente scomparso nel 1961), Beatrice (n. 1946) e ancora Riccardo (n. 1962). Alla famiglia dedica tutto il suo tempo libero e nell’ambito di essa egli segue la sua passione culturale principale, che è quella per i mobili d’epoca, di cui, affidandosi anche al parere di esperti, raccoglie una scelta collezione per ornare la sua casa. In città ha un piccolo gruppo di amici d’infanzia che frequenta regolarmente, così come frequenta, pur senza aver mai ricoperto cariche sociali, il Rotary Club.

Tra i primi ad arrivare al mattino e tra gli ultimi a uscire a tarda sera, Gianni – così è familiarmente chiamato anche dai collaboratori – si integra col fratello maggiore Pietro al timone dell’impresa di famiglia e, pur restando costantemente a giorno di ogni fatto che riguarda l’azienda, personalmente si occupa dell’amministrazione e della produzione, e instaura un sempre più completo e approfondito controllo di qualità sia sulle materie prime, che quotidianamente varcano il cancello della fabbrica in entrata, sia sui prodotti che lo superano con ritmi altrettanto rapidi in uscita, con una grande attenzione e cura dei particolari e dei dettagli, anche quelli apparentemente più insignificanti.

Benché di carattere schivo e riservato, il suo rapporto con i più stretti collaboratori, con il personale in generale, con i professionisti esterni che collaborano con l’azienda, con i fornitori e con i clienti è cordiale e diretto, improntato alla massima disponibilità, ma nel contempo al rigore e alla serietà professionale.

Passata la bufera della seconda guerra mondiale, nello stabilimento Barilla si riprende la regolare produzione di pane e pasta, ma con grande fatica, a causa della carenza di materia prima. Per necessità, viene utilizzata una miscela di cinque cereali: segale, avena, miglio, grano (duro e tenero) e orzo. Il controllo di qualità non è tecnicamente semplice e così Gianni decide di potenziare gradualmente il laboratorio chimico per verificare esattamente sia gli sfarinati in entrata che i prodotti finiti in uscita. Anche la legislazione dell’epoca in materia non aiuta i controlli in quanto (ad esempio nel caso della pasta “all’uovo” o “con uovo”, la normativa è ancora ambigua) e pertanto egli si adopera affinché vengano presi adeguati provvedimenti legislativi.

L’abbandono della produzione del pane per concentrare l’attenzione dell’azienda sulla sola pasta è dettato, nel novembre 1952, pur con rammarico da parte di entrambi i fratelli Barilla, da una serie di motivi di carattere strategico (in particolare dall’esigenza di concentrare le non abbondanti risorse su di un unico settore produttivo, quello del pastificio, che poneva minori problemi logistici rispetto a quello del panificio), alla quale non era neppure estranea una ragione di carattere sindacale legata all’inevitabilità del lavoro notturno, che finiva col favorire la conflittualità. Soltanto in seguito verrà emanata una legge che disciplinerà la panificazione. In ogni caso, l’operazione non comporta licenziamenti di personale, ma, grazie ad un accordo con il Gruppo Panificatori cittadino, le maestranze in esubero presso la Barilla vengono assorbite dagli altri produttori locali.

Consapevole che la qualità si ottiene non soltanto attraverso i pur necessari controlli tecnici, ma soprattutto con una meccanizzazione ed una automazione del lavoro che giungano a superare ogni manualità, vincendo spesso lo scetticismo dei collaboratori e, al bisogno, stimolandoli sull’esigenza di condividere e raggiungere insieme gli obiettivi, egli suggerisce costantemente innovazioni la cui soluzione pratica viene demandata agli uffici tecnici.

L’innovazione tecnologica ha pure una grande influenza sulle condizioni ambientali e di lavoro delle maestranze e il suo progresso ha sempre costituito per lui una costante preoccupazione.

Quasi ad ogni volgere di anno l’azienda, fino alla fine degli anni Sessanta del Novecento, viene ampliata sfruttando gli spazi dell’area di viale Barilla e gli impianti rinnovati e ammodernati, finché, utilizzata ogni area disponibile e distribuita l’attività di produzione su sette giorni la settimana (durante l’anno la fabbrica si ferma ormai soltanto a Pasqua, Ferragosto e Natale), si rende necessario trovare una diversa e radicale soluzione. Occorre pensare in grande e, come vedremo, lo farà, anzi, lo sta già facendo.

Sugli acquisti delle materie prime, egli guarda alla qualità, ma naturalmente anche al prezzo e tiene costanti contatti con i fornitori e i loro rappresentanti; ha un filo diretto con il responsabile del proprio ufficio acquisti, insieme al quale esamina e risolve ogni problema. Un’attenzione particolare pone anche nell’innovazione nel delicato settore degli imballaggi, un campo che ha non poca influenza sulla conservazione e sulla presentazione del prodotto e che è in continua e rapida evoluzione.

Ogni problema di carattere organizzativo e tecnico viene da lui esaminato con ampiezza di vedute e senso di lungimiranza, nell’ottica costante di ottenere il miglioramento della produzione ed economie di scala che giustifichino i tempi e i costi delle innovazioni. In ogni caso egli, di ogni progetto, vuole esaminare ogni aspetto e ben presto realizza un’altra sua idea, quella di istituire un Ufficio Documentazione proprio per raccogliere e sottoporre al management, per le opportune valutazioni, tutti gli studi e le ricerche disponibili inerenti le materie trattate in azienda.

Ha sempre ritenuto incongruo utilizzare il trasporto su gomma per far giungere la materia prima dal Tavoliere delle Puglie a Parma ed ha sempre auspicato una innovazione nei trasporti che anche oggi ogni tanto emerge all’attenzione delle autorità, senza peraltro essere risolta, cioè la realizzazione di linee marittime e fluviali lungo il Po, assai più economiche ed ecologiche. Naturalmente è stato un antesignano dell’uso dei container, che ha incoraggiato fin dalla loro introduzione nel mercato.

In ogni caso si è sempre preoccupato di fare in modo che gli autocarri che trasportavano il grano nello stabilimento potessero rientrare al luogo di origine con un nuovo carico, anche di tutt’altro genere rispetto al grano, per evidenti motivi di economia gestionale.

Come si è detto, del settore vendite e, conseguentemente, della pubblicità, si occupa il fratello Pietro, che utilizza il designer parmigiano Erberto Carboni. Verso la fine degli anni Cinquanta Gianni, spalleggiato dal direttore generale, l’ing. Manfredo Manfredi, convince il fratello ad orientarsi non più verso un pur bravo grafico, ma ad un’agenzia vera e propria. Da tale nuovo orientamento nascono le successive campagne pubblicitarie che caratterizzano il progresso della Barilla anche come notorietà e diffusione del marchio.

In questi anni Gianni si preoccupa anche di dare all’azienda una struttura di tipo manageriale per una migliore ripartizione del potere, attraverso un meccanismo di deleghe, ciò che viene ottenuto grazie alla collaborazione di consulenti esterni. Gli stessi consulenti mettono inoltre a punto il meccanismo di gestione del budget, secondo criteri moderni al momento utilizzati in Italia soltanto da pochissime grandi aziende. Si giunge anche, nel 1961, alla trasformazione della Barilla in società per azioni.

Nella previsione di realizzare un nuovo e grande stabilimento in aggiunta (poi in alternativa) a quello di viale Barilla, fin dalla seconda metà degli anni Sessanta è Gianni che prende contatto con una società multinazionale di engineering, l’americana Austin, specializzata nel costruire grandi impianti con il sistema, allora poco conosciuto in Italia, detto “chiavi in mano” e giungere alla definizione del contratto e conseguentemente alla realizzazione con risultati ottimali. L’involucro esterno viene realizzato su progetto dell’Austin con la collaborazione della V.R.C. (Valtolina, Rusconi Clerici) di Milano, mentre la realizzazione delle linee di produzione rimane di competenza degli uffici tecnici della Barilla i quali, naturalmente, si avvalgono di consulenti esterni pur perseguendo un loro progetto generale. Nel novembre 1969 il complesso di Pedrignano è terminato e può partire una prima linea di produzione, alla quale seguiranno le altre nel corso del 1970.

Nel nuovo stabilimento Gianni inaugura un sistema, sviluppato dagli uffici tecnici della ditta e brevettato, di trasporto delle farine con un unico saccone di tela, che in fabbrica viene scaricato da una gru direttamente in una tramoggia per l’avvio ai silos. Questo sistema facilita il controllo di qualità della merce scaricata, ma soprattutto consente al trasportatore di uscire dallo stabilimento con il cassone libero e pertanto gli offre l’opportunità di fare il viaggio di ritorno remunerativo e non a vuoto.

La vendita dell’azienda alla Grace verrà studiata ed elaborata in prima persona da Gianni, che comincerà a provare un forte sentimento di timore per gli avvenimenti politici e sociali che caratterizzeranno gli anni successivi al 1968, quando anche Parma vivrà un difficile “autunno caldo” con il fallimento di un’altra grande azienda cittadina, la Salamini, e scioperi che coinvolgeranno pure la Barilla. Sarà lo stesso sentimento, condiviso con la moglie, che lo indurrà, nel 1975 a trasferirsi definitivamente in Svizzera, prima a Lugano e poi a Ginevra, dove morirà il 4 gennaio 2004.

Ubaldo Delsante

 

Fonti e bibliografia

Non esiste una bibliografia su Giovanni Barilla. Per la compilazione della scheda ci siamo attenuti ad un’intervista dell’ex direttore generale della Barilla ing. Manfredo Manfredi (1926-2013), rilasciata a Giancarlo Gonizzi il 1° aprile 1995 (il cui testo è ora in Archivio Storico Barilla) e ad un colloquio, avvenuto presso l’Archivio Storico Barilla il 6 marzo 2002 con i signori:
dott. Emanuele Ceccherelli (1914-2009), laureato in chimica, dipendente della Stazione Sperimentale delle Conserve e consulente esterno della Barilla dal 1947 al 1951, assunto poi dalla ditta quale responsabile del controllo di qualità fino al 1976;
ing. Fausto Bertozzi (n. 1927), laureato in ingegneria meccanica, capo ufficio tecnico della Barilla addetto alla progettazione delle macchine e degli stabilimenti dal 1958 al 1992;
Emilio Alfieri (1921-2008), addetto alla direzione acquisti della Barilla dal 1942 al 1982;
avv. Mario Bianchini (1917-2016), libero professionista, consulente e amico dei fratelli Barilla.
La presenza di Gianni Barilla nel Rotary Club di Parma è documentata, oltre che da una lettera in Archivio Storico Barilla, dalla pubblicazione ufficiale dello stesso sodalizio: BANZOLA Vincenzo (a cura di), Il Rotary Club di Parma sulla soglia del 2000. Parma, Artegrafica Silva, 2000, p. 275.